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Squid Game: la simbologia come metafora della società

Federica Prato Posted On 9 Ottobre 2021
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Un successo a dir poco inaspettato per la serie di cui tutti parlano, “Squid Game“, disponibile su Netflix dallo scorso 17 settembre. In poche settimane, i nove episodi che compongono questa prima stagione, hanno fatto diventare la serie coreana un vero e proprio fenomeno, al pari di produzioni originali come “La casa di carta” e “La regina degli scacchi“.

Ma quali sono le caratteristiche che rendono prodotti come questo e Parasite (film diretto dal regista coreano Bong Joon-ho, vincitore del premio Oscar come miglior film nel 2020) così apprezzati dal pubblico? Innanzitutto, spicca la meticolosa cura di tutti i dettagli della messa in scena, soprattutto nelle sequenze di azione e nell’uso della musica.

Nonostante siano presenti molti riferimenti a elementi ormai ricorrenti nelle pellicole di oggi, come “Hunger Games” e “Black Mirror“, che si soffermano sulle conseguenze delle diseguaglianze che sono diventate la rovina della società moderna, “Squid Game” riesce a mantenere una certa efficacia, grazie all’originalità con cui viene presentata e aiutandosi con fenomeni mondiali come il K-Pop, che portano lo spettatore occidentale a sentirsi meno estraneo a questo tipo di format.

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La trama ci racconta di un uomo disperato, Seong Gi-Hun, che dopo una serie di fallimenti lavorativi, rischia di perdere la figlia che, a seguito del divorzio con la moglie, si trasferirà con quest’ultima negli Stati Uniti. La sua unica chance di mantenere la custodia è quella di guadagnare molti soldi nel minor tempo possibile.

L’occasione gli arriva da un uomo misterioso, che gli offre l’opportunità di partecipare ad un gioco il cui montepremi potrebbe cambiargli la vita. L’uomo accetta e, dopo essere stato sedato, si risveglia in una sorta di parco giochi dell’orrore, circondato da ogni specie di delinquente e disperati come lui, che dovranno affrontare delle prove, basate su dei tipici giochi per bambini, che si riveleranno molto più pericolose di quello che sembrano.

Nonostante a noi occidentali questo ricordi molto le pellicole sopracitate, il creatore Hwang Dong-hyuk, dice di essersi ispirato “ai fumetti giapponesi di sopravvivenza”. Questa la dichiarazione rilasciata dallo showrunner durante un’intervista: “Questo tipo di storie era molto dettagliato nella descrizione dei giochi e molto poco in quella dei personaggi. Io ho fatto il contrario: ho creato personaggi complessi e li ho fatti giocare a giochi semplicissimi. La scelta è caduta sui giochi a cui giocavo da bambino. Ho selezionato un, due, tre… stella come primissimo gioco perché mi sembrava adatto per far giocare contemporaneamente centinaia di persone. Una folla che si ferma e riparte mi sembrava interessante da guardare.

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Il gioco Honeycomb (il dolcetto sudcoreano dalgona) era quello che mi piaceva da bambino, del tiro alla fune mi piaceva l’effetto visivo e il fatto che fosse una competizione a squadre. Mentre il gioco delle biglie l’ho scelto perché i giocatori erano coppie a confronto. Il ponte di vetro è stato creato in linea con il tema della serie: il vincitore cammina sulla strada costruita sul sacrificio e sul fallimento dei giocatori precedenti.

Alla fine, poi ho messo il gioco del calamaro perché era il più intenso e feroce di tutti i giochi per bambini e perché le forme geometriche del tabellone erano visivamente attraenti. Mi divertiva il contrasto tra un gioco infantile che prevede un premio in denaro enorme e il rischio della vita, lo spargimento di sangue. Si potrebbe dire che non è un tema nuovo ma quello che distingua Squid Game da altre opere è la sua ironia”.

E proprio l’umorismo nero è un’altra delle caratteristiche che esalta la serie. Un esempio lampante è rappresentato dalla bambola robot assassina presente in una delle prove. La bambola, dotata di sensori di rilevazione di movimento, gioca alla versione coreana di “un, due, tre… stella” ma, quando i suoi rilevatori percepiscono dei movimenti dopo il segnale di stop, colpisce il concorrente e lo uccide. Non molti lo sanno, ma questa bambola è ispirata ad un personaggio molto popolare nella cultura coreana, soprattutto tra i bambini.

Lo ha spiegato una dei protagonisti di Squid Game, l’attrice Jung Ho-yeon (interprete di Sae-byeok), ospite al Today Show di Jimmy Fallon:”Quando andavamo a scuola in Corea del Sud, c’erano dei personaggi nei libri di testo. Uno è un ragazzo e uno è una ragazza. Il nome del ragazzo era Chulsoo, e il nome della ragazza era Younghee, ed è proprio Younghee il personaggio su cui si basa la bambola di Un, due, tre…stella“.

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La bambola,quindi, è ispirata a un’illustrazione molto diffusa sui libri scolastici coreani soprattutto negli anni ’70 e ’80.  Chulsoo e Younghee erano due giovani migliori amici che accompagnavano le giornate di studio dei bambini. Ancora oggi a molti coreani rievocano ricordi d’infanzia. Anche se col tempo sono scomparsi dai libri scolastici, sono comunque rimasti nella memoria collettiva dei coreani.

Questo è forse uno degli aspetti più interessanti dei prodotti asiatici, possono diventare dei fenomeni nel mondo occidentale, senza che in realtà se ne capisca il vero significato. Le grosse differenze culturali e le diverse interpretazioni che queste danno del mondo, creano un insieme di considerazioni ed opinioni che portano lo spettatore ad apprezzare una serialità derivante da un ambiente completamente diverso dal proprio. Questo va a creare un nuovo filone di interessamento.

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