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Pan il Capricorno: un mito greco in Egitto|ArcheoFame

Licia De Vito Posted On 12 Gennaio 2022
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Siamo ormai nel pieno della stagione del Capricorno, piccola costellazione (la più piccina dello zodiaco) incastrata tra l’Aquario e il Sagittario, che oggi risulta molto difficile da vedere a occhio nudo ma che era perfettamente chiara e visibile alle civiltà del passato. Basti pensare che ne parlavano già alcune tavolette cuneiformi Babilonesi e i Sumeri, che le diedero il nome di Suhur-Mash-Ha, “il pesce-capra”.

Ma quali sono le origini mitologiche di queste stelle? Ecco la storia che ci hanno raccontato gli antichi greci.

L’ordine cosmico stabilito da Zeus è messo alla prova dai terrificanti Titani. I Titani sono esseri immortali come gli dèi olimpici ma appartengono alla generazione precedente di quella di Zeus; essi, i Titani, sono infatti figli diretti di Gea, la terra, e Urano, il cielo, che invece erano i nonni degli dèi che abitavano l’Olimpo, figli invece, di Rea e di Crono (il più giovane di tutti i Titani). I Titani, gli anziani, mal sopportavano il dominio della generazione più giovane, tentarono quindi di sovvertire la gerarchia celeste ormai costituita conquistando l’Olimpo. La battaglia che si scatenò fra dèi olimpici e Titani è nota come titanomachia e durò, secondo Esiodo, ben dieci anni.

Fondamentali nella vittoria della squadra olimpica nella titanomachia furono i Centimani, altri mostri figli di Gea e Urano, dotati di cento braccia e cinquanta teste. Grazie a tutta la forza di quegli innumerevoli arti, furono scaraventate pietre a pioggia sui Titani che, unite alle saette continuamente scagliate da Zeus, furono ricacciati nelle viscere della terra ovvero nel Tartaro: le infinite e sotterranee tenebre.

Gea, mai doma, genera in terra di Cilicia un ultimo figlio, proprio insieme alla personificazione del Tartaro, il suo nome è Tifeo/Tifone. E anch’egli deciderà di attaccare l’Olimpo.

Una creatura talmente terrificante che gli dèi stessi ebbero una grandissima paura a vederla. Tifeo infatti scagliava continuamente pietre e fiamme dalla occa contro le case degli dei sul monte Olimpo, tanto che questi furono costretti a fuggire lontano, fino in Egitto, per cercare riparo. A questo punto del mito entra in scena Pan, il Capricorno.

Pan era il dio dei boschi con sede nella bucolica terra di Arcadia, metà uomo e metà capra. Dal nome del dio deriva la parola “panico”: egli infatti appariva all’improvviso a chi attraversava i boschi, e con un grido inumano generava istantaneamente un terrore irrazionale e devastante in chi lo ascoltava: il panico, appunto.

Quando anche Tifone arriva in Egitto per inseguire le divinità in fuga, Pan arriva ad aiutare gli sventurati dèi. Suggerisce loro di trasformarsi in bestie feroci per sorprendere il mostro:

Ovidio nelle sue “Metamorfosi” ci narra che Giove diventa un ariete, Apollo un corvo, Dioniso una capra, Artemide un gatto, Era una vacca, Afrodite un pesce e Ermes un ibis.

Tifone viene finalmente sconfitto e alla fine della battaglia pan si allontana lanciandosi in un fiume trasformando la parte inferiore del suo corpo in quella di un pesce: Zeus resta particolarmente colpito dalle insolite sembianze del Dio e, anche per ringraziarlo del fortunato suggerimento, scolpisce la  capra-pesce nelle stelle.

Quando i Greci entrano in contatto con la cultura egizia vengono sicuramente colpiti dalle strane diviità di questo popolo, con terrificanti sembianze animali che era senz’altro una novità per i Greci, i cui dei avevano sembianze antropomorfe. Probabilmente la trasformazione degli dèi in animali in questo mito fu il loro modo di spiegare la strana natura zoomorfa delle divinità egizie.

foto di Foto di Brigitte Werner da Pixabay 

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