Vincenzo Peruggia, il ladro gentiluomo che portò la Gioconda agli Uffizi

“La Gioconda agli italiani!”

Negli ultimi due secoli questa frase è diventata motto di rivendicazioni patriottiche sul dipinto più celebre al mondo, secondo alcuni ingiustamente rubato al Paese da Napoleone Bonaparte.

Forse lo stesso Leonardo da Vinci riderebbe di questo eclatante equivoco, giacché la decantata Monna Lisa appartiene di diritto ai francesi e venne sottratta al Louvre per ben due anni proprio da… un italiano!

Approfittiamo del 570esimo anniversario della nascita del Genio del Rinascimento per ricordare uno dei furti più clamorosi della Storia.

Un po’ di chiarezza sulla Gioconda

Decine di leggende e aneddoti circolano sulla figura della Gioconda. C’è chi sostiene fosse un amante di Leonardo, chi addirittura la ritiene un autoritratto del Maestro in versione femminile. Ormai è acclarato che il dipinto ritrae Lisa Gherardini, nobildonna appartenente all’aristocrazia fiorentina, moglie di Francesco Del Giocondo, un nobile mercante italiano, da qui il nome La Gioconda.

Quando Leonardo si trasferì in Francia nel 1417, decise di vendere l’opera al re Francesco I che ricompensò l’artista con quattromila ducati d’oro. Una compravendita a tutti gli effetti, quindi, che esclude il dipinto dal novero dei pregiati manufatti artistici razziati dal generale corso tra il 1796 e il 1797, gli anni della famigerata Campagna d’Italia.

La ferocia dell’attacco napoleonico però alimentò nel corso dei secoli il risentimento degli italiani per i cugini d’Oltralpe, i fatti storici si confusero, e la Gioconda diventò il simbolo del patrimonio culturale nostrano tenuto indebitamente in ostaggio dalla Francia

Fu complice probabilmente anche la scelta di Bonaparte di collocare, durante il suo Impero, il prestigioso quadro nella sua camera da letto; tuttavia nel 1804 il dipinto venne trasferito al Musée Napoléon, quello che oggi conosciamo come Louvre.

La Gioconda (1503-1506 circa)

Vincenzo Peruggia ruba la Monna Lisa

Sull’onda di tali sentimenti nazionalistici, uno dei manutentori del Louvre nel 1911 attuò il furto della Gioconda, al solo scopo di riportarla in Italia. Si tratta di Vincenzo Peruggia, operaio originario di Dumenza (VA) emigrato nel 1907 a Parigi in cerca di lavoro.

Forte del suo ruolo che gli consentiva libero accesso al museo, il 21 Agosto 1911 alle 7 del mattino, Peruggia arrivò al Salon Carré, staccò dal muro il celebre dipinto, lo privò della cornice e lo nascose sotto la giacca. Con la refurtiva si diresse nel suo appartamento in Rue de L’Hospital Saint Louis e la ripose sotto un tavolino; verso le 9 tornò al lavoro, adducendo come giustificazione al ritardo i postumi di una sbronza.

Fu l’artista Louis Beroud, arrivato al Louvre per esercitarsi sulla copia d’autore, ad accorgersi che la Gioconda era sparita e a dare l’allarme. La gendarmeria sigillò gli ingressi, interrogò le persone sul posto, invano; venne offerta una ricompensa di venticinquemila franchi a chi avesse collaborato alle indagini. I poliziotti brancolavano nel buio: si ipotizzò un blitz da parte dei Tedeschi, poi si pensò al gesto di un mitomane, infine per alcuni giorni finirono dietro le sbarre un allora poco conosciuto Picasso e il poeta Guillaume Apollinaire, frequentatori del museo parigino.

Eppure il dipinto non si trovava. Gli agenti arrivarono a perquisire anche la casa del Peruggia, ma non si accorsero che la celebre opera era nascosta sotto il tavolo della cucina (utilizzato peraltro dagli stessi per redigere il verbale…).

Vincenzo Peruggia

La Gioconda arriva in Italia

Il dipinto rimase nell’abitazione del Peruggia per ben due anni, fino a quando l’operaio scrisse una lettera al collezionista fiorentino Alfredo Geri, firmandosi con lo pseudonimo Vincent Leonard. Peruggia gli offrì la Gioconda, chiedendo mezzo milione di lire e, soprattutto, la promessa che l’opera sarebbe rimasta in Italia. Geri, dopo aver consultato il direttore della Regia Galleria di Firenze, invitò l’operaio a portare il quadro per controllarne l’autenticità.

Il dipinto venne così condotto agli Uffizi e valutato al cospetto dell’allora direttore Giovanni Poggi. Il Peruggia, pur sapendo di aver sottratto illegalmente una delle opere più famose al mondo, sperava che gli esperti comprendessero il valore della sua “missione”: riconsegnare la Gioconda alla Patria; tuttavia, dopo averne verificato l’autenticità i due studiosi si videro costretti a far arrestare il malcapitato.

Il processo divise l’opinione pubblica: da un lato i Francesi che vedevano comprensibilmente in lui un ladro, dall’altro i connazionali italiani che guardavano con occhio indulgente l’ingenuità e la buona fede del Peruggia.

La pena fu comunque lieve. L’operaio venne condannato a un anno e quindici giorni, poi ridotti a sette mesi e quattro giorni, presso il carcere ex monastero delle Murate a Firenze.

Il dipinto torna in Francia

Finito il processo, la Gioconda ripartì per la Francia, non prima però di aver compiuto una specie di tour d’addio presso le principali città italiane. Venne infatti esposta agli Uffizi di Firenze e in seguito a Roma, prima presso l’ambasciata di Francia a Palazzo Farnese e poi nella Galleria Borghese. Al suo ritorno a Parigi il quadro venne accolto con grandi festeggiamenti da parte del Governo francese.

Incredibilmente anche Vincenzo Peruggia riuscì a tornare in Francia. Dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale e aver sposato una giovane ragazza italiana (da cui ebbe una figlia), falsificò i documenti sostituendo il primo nome di battesimo con il secondo, e partì.

Rientrò sul suolo francese come lo sconosciuto Pietro Peruggia e morì in solitaria, nel 1925, a soli 44 anni a causa di un attacco cardiaco. Dodici anni più tardi, le testate giornalistiche si occuparono della morte di un altro Vincenzo Peruggia deceduto nell’Alta Savoia, scambiandolo per il famoso ladro della Gioconda.

Il clamoroso furto della Gioconda genera ancora oggi stupore e meraviglia, tanto da aver ispirato la produzione di due sceneggiati e ben quattro lungometraggi; l’ultimo tra questi, “The Art of the Steal” con Kurt Russel e Matt Dillon, risale soltanto a nove anni fa. Peruggia non è semplicemente un ladro, ma nel pensiero collettivo nazionale, resterà sempre “colui che portò la Gioconda agli Uffizi”.  

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Nata a L’Aquila nel 1985, Francesca Massaro consegue la laurea magistrale in Storia dell’Arte nel 2011. Nel 2016 scrive il catalogo della mostra Babele e inizia rapporti di consulenza e critica artistica per artisti aquilani e abruzzesi. Nel 2020 vince il premio letterario Fëdor Dostoevskij- sezione narrativa. Attualmente redige articoli per riviste e siti web del settore e coltiva la sua passione per la scrittura creativa.