Infinitamente Paul McCartney: 80 anni da leggenda

Paul McCartney spegne ottanta candeline proprio mentre è in tour, facendo ciò che gli riesce meglio e a cui ha dedicato la vita: suonare, intrattenere, entusiasmare il suo pubblico.

L’ex cantante e bassista dei The Beatles non vuole saperne di andare in pensione, non ne ha la benché minima intenzione, anche perché l’età è solo un dettaglio anagrafico il cui peso, a volte, può essere relativo. E lui, che ha trasceso lo spazio e il tempo superando mode e stili di epoche diverse, che ha contribuito a creare un sound da tutti copiato ma da nessuno mai realmente eguagliato, è la quintessenza vivente dell’immortalità.

Di fronte al suo nome, alla sua straripante personalità e al suo innato carisma si prova soggezione. Non potrebbe essere altrimenti. Non c’è essere umano che non sia cresciuto ascoltando la band di Liverpool o che, durante la propria esistenza terrena, non abbia mai ascoltato anche una singola nota di quegli extraterrestri che furono i The Beatles, la band che più di tutte ha cambiato il corso della storia della musica. La stessa che si divide in prima e dopo il loro avvento. Perché di questo si tratta: di un avvento.

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E perché festeggiare Paul McCartney è davvero cosa buona e giusta, ogni giorno, in ogni circostanza e occasione possibile. Come ieri, giovedì 16 giugno, che al MetLife Stadium di East Rutherford in New Jersey è stato raggiunto sul palco dai “padroni di casa”, Jon Bon Jovi e Bruce Springsteen per eseguire una versione inedita di “Glory Days“, storica hit del Boss, oltre che per farsi intonare un coro di auguri dai sessantamila presenti. In Italia, festeggiare in anticipo, porterebbe sfiga. Anche agli inglesi, come in occasione dell’ultima finale degli europei di calcio a Wembley.

Ma Sir Paul non invecchia mai, non può farlo, pur volendo. La grinta e l’energia sul palco sono le stesse del tempo che fu. Le movenze sembrano quelle di un giovanotto e il viso è ancora quello che nasconde una certa dolcezza da alternare al classico ghigno beffardo in perfetto british style. Con buona pace dei complottisti e amanti delle leggende metropolitane che lo vorrebbero deceduto e sostituito da un sosia fin dai tempi dei Sgt. Peppers e dal “Codice McCartney“.

Al pari loro, hanno dovuto ricredersi anche quelli che asserivano che con la fine dei Beatles nel 1970, la sua fama e il suo spessore artistico sarebbero lentamente andati a scomparire. Che dire… non potevano prendere cantonata peggiore. Paul McCartney è rock e pop, è sensibilità e grinta, è avanguardia e tradizione. Paul McCartney è, come detto, la quintessenza dell’immortalità. Chi con l’immortalità ha giocato è stato Peter Jackson che, dopo aver portato sul grande schermo, quella dell’opera principale di J.R.R. Tolkien, cioè “Il Signore degli Anelli“, ha trasposto anche quella della band inglese con un nuovo, bellissimo, documentario.

E’ in giro con “Got Back“, questo il geniale nome del tour che gioca con la famosa canzone “Get Back” e il ritorno sulle scene dopo la pandemia, e quando sale sul palco niente sembra cambiato. Gioca e modella il tempo a suo piacimento, novello Doctor Strange della musica internazionale che sconfigge l’età e i suoi acciacchi, la noia dell’anzianità e la prevedibilità di una carriera a cui non ha più niente da chiedere. Semmai è il contrario, siamo noi a chiedere a lui di non smettere mai. Long live, Sir Paul.

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Archeologa, nata e cresciuta in Abruzzo, vive a Roma dal 2009. Dopo la laurea magistrale conseguita presso l’Universita “La Sapienza” di Roma ha proseguito gli studi frequentando la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dello stesso ateneo, dove è inoltre Dottoranda dal 2021 . Appassionata di storia e viaggi, avrebbe voluto essere Lara Croft, è diventata un “Ummarell”.