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“Il giorno che verrà”, la rassegna dedicata ai lavoratori dello spettacolo

Antonella Valente Posted On 9 Febbraio 2021
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Ritratti a ruota libera per non smettere di parlare del mestiere di andare in scena, entrando nei ricordi, nelle dinamiche, nelle contraddizioni, nelle aspirazioni e anche nelle difficoltà in tempo di pandemia. Un’iniziativa del Laboratorio San Filippo Neri che vuole dare una mano agli artisti che non lavorano o che lavorano meno del solito. Tra i dieci ritratti della rassegna “Il giorno che verrà” prodotta da Mismaonda per la Fondazione del Monte con la regia di Michele Mellara e Alessandro Rossi, il quinto appuntamento vede la partecipazione di Lodo Guenzi e Nicola Borghesi.

Si conoscono da quando avevano 11 anni: uno, Lodo Guenzi, ha preso la via del cantautorato col gruppo “Lo Stato Sociale”; l’altro, Nicola Borghesi, si sta affermando come uno degli autori, registi, attori più interessanti della sua generazione. Insieme hanno studiato teatro, si sono diplomati e hanno dato vita ad alcuni spettacoli come “Il giardino dei ciliegi” e “Capitalismo magico”: nel video racconto ripercorrono alcuni momenti del primo, quello prodotto da Ert che ha avuto una lunga tournée nei teatri italiani.

Leggi anche: Borghesi e il teatro a domicilio che dà nuovi confini all’essenziale

Interrogandosi vicendevolmente sul loro mestiere, Nicola dice “Il mio mestiere è star male. Ma se penso a tutti i momenti in cui sono stato male per fare teatro mi sembra una vita spesa bene”. Lodo che “prende treni, furgoni, scrive canzoni per sé e per altri ed è anche un po’ psicologo di coloro per i quali scrive”, ricorda “quanta malinconia sia arrivata nel corso degli anni ogni volta che un’attività è diventata un lavoro”.

Perchè lavorare stanca (meglio ‘Una vita in vacanza’, per dirla con lo Stato Sociale), però il lavoro che fanno stanca meno, anzi è bellissimo. E continua a stupirli il fatto che sia un lavoro, quindi perfino retribuito. “Come andrà a finire?” si chiedono, chiudendo il racconto. La risposta? “Tra 50 anni, dopo aver fatto molti disastri, saremo ancora qui a chiedercelo”.

Leggi anche: “Perché Sanremo sì e noi no?” Il grido di allarme dei lavoratori dello spettacolo

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