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Il mito intramontabile di Grease, simbolo della rebel generation

Federico Rapini Posted On 15 Giugno 2021
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Generazioni e generazioni hanno rischiato di rimanere senza capelli per imitare John Travolta. Lui e la sua combriccola con giacchetti di pelle e litri di brillantina. Quella “grease” che ha dato il titolo al musical forse più famoso di sempre. Sicuramente il più longevo e apprezzato anche dai ragazzi di oggi. Chi non ha provato a fare un movimento “anca-bacino” sulle note di “Greased Lightning” ? In ogni villaggio vacanze che si rispetti almeno uno spettacolo dell’animazione è sempre stato ripreso da uno spezzone di questo film.

Brillantina, gelatina o cera che fosse, sono stati milioni i ragazzi che hanno provato a pettinarsi come Danny Zucco. 

Risultati del pubblico a parte, lo stile del giovanissimo Travolta ha fatto la storia. Jeans, chiodo e atteggiamento da un lato spaccone. Un duro, amante dei motori e delle donne. Ma in grado di sciogliersi solo davanti a Sandy. La bella australiana conosciuta durante l’estate.

Come ogni bulletto che si rispetti Danny non poteva lasciar trasparire i suoi sentimenti verso di lei. Però, come in ogni storia d’amore che si rispetti, alla fine sarà proprio Cupido a trionfare.

Il tutto in un trionfo di canzoni travolgenti, balli e galloni di “grease”.

Il 16 giugno del 1978 usciva nelle sale cinematografiche americane questo splendido musical che ancora oggi, quando viene trasmesso in TV, tiene incollati al divano generazioni di ogni età.

GREASE NONOSTANTE LE POLEMICHE

Nonostante la cancel culture abbia provato ad additarlo come “sessista e razzista” il successo di questo film non è venuto meno.

Continua a rappresentare un simbolo, una favola in carne e ossa. Quell’amore estivo, nato al tramonto in spiaggia, sognato da milioni di ragazze in attesa del principe azzurro. O di un macho in decappottabile e sigaretta sempre accesa. 

Un film del 1978 ambientato negli anni ‘50. Impossibile non contestualizzarlo. Inutile, quanto stupido, fare il contrario. La stessa Olivia Newton John zittì le polemiche affermando che “è solo un film. È una storia degli anni Cinquanta, anni in cui le cose erano sensibilmente diverse. Tutti dimenticano che, alla fine, anche lui cambia per lei. Sandy è solo una ragazza che ama un ragazzo, e pensa che se proverà a cambiare, riuscirà nel suo intento. È una cosa abbastanza reale. Le persone lo fanno l’una per l’altra. E’ solo una divertente storia d’amore”.

Ed è stato proprio questo a far appassionare il pubblico. Attratto dai movimenti, dai canti, dal carattere di Danny Zucco. Dalla bellezza di Sandy Olsson. Dalla leadership di Rizzo che sotto quell’aria matriarcale nascondeva un bisogno di essere considerata una ragazza adolescente. E quante giovani donne hanno imitato le Pink Ladies. Quelle studentesse vestite uguali, un po’ ribelli e un po’ bambine. 

Perché “Grease” è stato questo. La trasposizione cinematografica del musical omonimo. Ma soprattutto una perfetta rappresentazione, almeno agli occhi del pubblico, dei “favolosi” anni ‘50. Il decennio in cui le star del cinema a stelle e strisce invasero le copertine delle riviste femminili. Da Marilyn Monroe alla piccola Audrey Hepburn, la cui immagine è legata a doppio filo con quel giro in Vespa insieme a Gregory Peck in “Vacanze romane”.

A distanza di 44 anni “Grease” continua a resistere nelle classifiche dei film più visti e apprezzati. E lo fa senza invecchiare. Perché, nonostante l’ambientazione, la storia e i personaggi sono senza spazio e al di là del tempo. Chiunque, ancora oggi, può riconoscervisi. Magari con maggiore difficoltà nel reperire un tubetto di brillantina. Ma qualche nonno, o papà, ormai calvo, sicuramente l’avrà conservato in qualche cassetto in soffitta. In ricordo di fantastiche “summer nights”.

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