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“Se solo fossi un orso”: dalla Mongolia la storia del riscatto di un adolescente

Redazione Posted On 12 Marzo 2024
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Il 14 marzo arriverà nelle sale italiane “Se solo fossi un orso” di Zoljargal Purevdash distribuito da Trent Film. 

Leggi anche: Oscar, svanito il sogno di Garrone: “Il nostro viaggio proseguirà nei villaggi del Senegal”

Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2023 nella sezione Un Certain Regards, “Se solo fossi un orso” è il lungometraggio d’esordio della regista Zoljargal Purevdash ed è il primo film proveniente dalla Mongolia ammesso in Selezione Ufficiale sulla Croisette. 

Al centro della vicenda Ulzii, un adolescente che vive nei sobborghi poveri di Ulan Bator, capitale della Mongolia. Dotato di un Q.I. superiore alla media, il ragazzo è determinato a vincere un concorso di fisica per ottenere una borsa di studio, mentre la madre, analfabeta, ha trovato lavoro altrove, abbandonando lui e i suoi fratelli nel pieno del rigido inverno mongolo. Combattuto tra la necessità di prendersi cura dei fratelli e il desiderio di studiare per il concorso e per il suo futuro, Ulzii dovrà accettare un lavoro rischioso per aiutare la sua famiglia.

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Nella sua prima opera la regista Zoljargal Purevdash, nata e cresciuta negli stessi luoghi del film, offre uno spaccato dolce e toccante su un ragazzo che non vuole rassegnarsi al destino di povertà a cui sembra condannato, raccontando una storia universale che scalda il cuore.  

“Ulan Bator è la capitale più inquinata del mondo” – spiega la regista Zoljargal Purevdash – “oltre il 60% dei cittadini vive nel Distretto delle Iurte (le case mobili dei nomadi mongoli, ndr) dove non sono presenti sistemi di riscaldamento o infrastrutture, e dunque si è costretti a bruciare carbone per sopravvivere alla temperatura di – 35° del brutale inverno mongolo. Ma ciò che respiriamo non è fumo, è povertà. Volevo fare un film su un adolescente che vive nel quartiere della Iurta e sogna un futuro luminoso ma è fortemente influenzato dal rapporto con la sua famiglia e dalle sue condizioni sociali. Volevo che la mia gente capisse, sentisse e abbracciasse ogni lotta e gioia reciproca attraverso questo film.”

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