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La società capitalista e ipocrita vista dagli occhi di Eyes Wide Shut

Federico Falcone Posted On 17 Luglio 2020
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“Eyes Wide Shut“, cioè il canto del cigno di Stanley Kubrick. L’ultima pellicola girata dal regista statunitense (pur se naturalizzato britannico) prima di lasciare questo mondo. L’ultimo scandalo. L’ultima trasgressione. L’ultimo schiaffo al cinema bigotto, moralista e benpensante. L’ultimo modo per spaccare pubblico e critica. Una pellicola talmente sopraffina da essere compresa solamente a distanza di tempo, una volta incassato il pugno e metabolizzato il colpo. Perché di questo si tratta, di uno schiaffo in pieno volto alla società ipocrita, capitalista, sporca nella morale e sorretta da palafitte di menzogne e falsità. Un’accusa neanche troppo velata al lusso effimero, all’etica scadente, alla banalità dell’apparenza e all’inconsistenza della pseudo sostanza.

Un film straordinariamente sorretto da un coacervo di realtà e fantasia, ma anche di forme surreali e oniriche, ipnotiche e travolgenti. Una visione superficiale e annoiata non può far testo nel giudizio relativo allo stesso. Non può essere preso in considerazione chi giudica Eyes Wide Shut spostando l’attenzione su determinati elementi della pellicola senza valutarli, invece, nel loro insieme. Slegare fotografia, colonna sonora e ritmo per analizzarli singolarmente è, senza mezzi termini, atto di follia classificabile come terrorismo applicato alla “critica”. Cullato dalle note di alcune magistrali composizioni, lo spettatore si ritrova a essere parte attiva di quella danza vorticosa che parte dalla regia, si estende e si magnetizza nelle vesti dei protagonisti del film, Tom Cruise e Nicole Kidman. Il canto del cigno fu anche per loro che neanche due anni dopo divorziarono.

Nel corso dei 153 minuti della pellicola si alternano Gyorgy Ligeti “Musica Ricercata II: Mesto. Rigido e Cerimoniale”, Dmitri Shostakovic (Waltz 2 from Jazz Sui­te), Chris Isaak (Baby Did a Bad Bad Thing), ma ciò che resta ineluttabile è il “ping…ping…ping” di un tasto pigiato sul pianoforte. Una condanna al pathos cui chi si trova dall’altra parte dello schermo non può sottrarsi. Una nota, una sola, che accompagna vittime e carnefici delle vicende narrate con sapiente maestria da Kubrick. Una ricerca glaciale della tensione, sorretta da sguardi, atmosfere e colpi di scena.

E dire che Eyes Wide Shut per essere riabilitato dal grande pubblico e da parte della critica ha dovuto attendere anni. Tanti, troppi. Immeritatamente. Ma come alcuni dissero al momento dell’uscita nelle sale cinematografiche, “questo film verrà apprezzato solo a distanza“. Tanto è stato. E ora è, giustamente, considerato uno dei capolavori del regista. Un film disturbante, inquietante, multiforme come questo non può essere compreso tanto agevolmente. Ma non è questo il suo difetto. Anzi. Aneddoti, curiosità, elementi nascosti sono infiniti. Come la reclusione a cui la coppia Cruise-Kidman fu costretta da Kubrick; quindici mesi assieme, un set blindatissimo, regole di comportamento rigidissime e continui input mirati a generare nei due ansie, sfiducie, attrazioni e perversioni. Tra realtà e leggenda, ciò contribuì a creare affiatamento sul set ma ad allontanarli nella vita privata.

L’autore di “Full Metal Jacket” e “Arancia Meccanica” non è di certo famoso per l’erotismo presente nei suoi film, ma all’interno di “Eyes Wide Shut” è contenuta una delle scene più famose in questo senso. L’orgia che vede coinvolto Tom Cruise e l’amico pianista con il quale era stato solo poco prima, girata a Elveden Hall, maggiore ottocentesca sita nel Suffok, svela una piccola perla di postproduzione: l’attrice premio Oscar Cate Blanchett ha prestato la voce (per il doppiaggio) ad Abigail Good, la donna che, di fatto, salva la vita al dott. Harford. Quello che doveva essere un elogio, una celebrazione del sesso frenato, nella visione di Kubrick divenne come una sorta di rituale di alta classe dove tutti potevano esplicare le proprie perversioni e attrazioni mentali e fisiche.

Stanley Kubrick morì il 7 marzo del 1999, solamente cinque giorni dopo avere consegnato alla Warner Brothers il montaggio definitivo del film (pur se priva di sound mixing e bilanciamento colori). Il film incasso 162 milioni di dollari, cifra record per il regista. Nel 2001 David Lynch dichiarò: “Eyes Wide Shut mi è piaciuto molto. Mi chiedo solo se Stanley l’abbia veramente finito nel modo che voleva prima che morisse”. Domanda, questa, che non troverà mai una risposta.

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