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“Conversazioni su Favolacce”: un’indagine sul film rivelazione dei fratelli D’Innocenzo

Malaika Sanguanini Posted On 6 Giugno 2021
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Lo scorso 10 maggio è uscito “Conversazioni su Favolacce”, volume a cura di Ludovico Cantisani e pubblicato da Artdigiland.

Il libro si pone l’obiettivo di indagare ed analizzare a fondo la seconda opera rivelazione dei fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo, “Favolacce”.

Il film dei due registi romani, uscito nell’ottobre del 2020, è stato fin da subito acclamato positivamente e ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura al Festival di Berlino 2020.

In questa pellicola i fratelli D’Innocenzo sondano una realtà di estremo disagio che si sviluppa tra le villette a schiera all’interno di una periferia romana poco delineata e quasi priva di coordinate geografiche. L’idea di una location quasi fuori dallo spazio reale è volta a omaggiare il genere favolistico.

Una favola nera e disperata, in cui genitori irresponsabili e frustrati negano l’infanzia ai propri figli. Un’infanzia che, forse, loro stessi non hanno mai conosciuto. Madri passive, padri rabbiosi e violenti, figli che diventano le vittime di scelte scellerate e di rapporti tossici.

In “Favolacce” manca qualunque tipo di confine tra adulto e bambino e i classici cliché dell’adolescenza spariscono completamente.

Ma d’altronde, la forza delle storie narrate dai fratelli D’Innocenzo sta anche in questa spietatezza sofferta, in cui la morte dice molto di più della sopravvivenza, del riscatto e della vendetta. E per questo ci vuole coraggio.

Il libro di Cantisani si presenta esaustivo e carico di contenuti iconografici, quali foto del set, disegni preparatori e un approfondimento sulla regia del film. Insomma, tutto quello che c’è dietro al film dei registi romani.

«Sicuramente di Favolacce mi ha incuriosito il linguaggio e la non curanza delle tecniche classiche. Mi è subito apparsa come una pellicola con una forte originalità di sguardo. Inoltre, ho trovato estremamente interessante il modo in cui i fratelli D’Innocenzo hanno deciso di raccontare e trattare la periferia. Ho amato il contesto. Le interviste ai due registi e a tutto il cast sono il cuore di questo lavoro, che si conclude con un mio saggio» ha affermato Ludovico, curatore del volume.

Soprattutto riguardo le scelte non convenzionali della regia i due fratelli si sono trovati d’accordo. In particolare Damiano si è esposto in questo modo: «cerchiamo di staccarci un po’ dalle tecniche classiche, preferiamo la componente più istintiva nella sua forma più ancestrale. Non abbiamo studiato cinema e nemmeno regia, io e mio fratello non siamo mai stati bravi a scuola».

In merito ai bambini protagonisti della storia e al rapporto creatosi con loro, in che modo hanno vissuto questa esperienza, interpretando dei personaggi così lontani dalla classica figura del fanciullo che abitualmente si vede sullo schermo, Fabio ha risposto che i bambini «sono stati felici di non interpretare la solita macchietta del piccolo bambino innocente. La percezione e lo sguardo sono puri. Li abbiamo scelti, inoltre, in base alle loro attitudini e predisposizioni, non li abbiamo forzati e non li abbiamo ancorati ad un personaggio macchiettistico».

Per quanto riguarda “Conversazioni su Favolacce”, i D’Innocenzo hanno molto apprezzato il lavoro di Ludovico Cantisani. «Avrei voluto leggere questo libro da ragazzo, quando ancora non facevo questo mestiere e nemmeno mi passava per la testa. Riesce a restituire l’avventura di un set, chi vorrebbe assaporare che cos’è dovrebbe leggerlo. Racconta molto onestamente cosa vuol dire fare un film. Chi vuole fare questo lavoro deve sapere che non c’è mai una risposta sicura. Tutti noi navighiamo nell’incertezza» ha detto Fabio D’Innocenzo.

Al momento i registi sono al lavoro sul loro terzo film, “America Latina”.Al momento il film è in fase di montaggio e non si sa ancora quando uscirà.

In attesa dell’uscita di questa pellicola, “Favolacce” continua a raccogliere pareri favorevoli soprattutto tra i più giovani. Grazie soprattutto al proprio linguaggio puro e originale.

«È un po’ come se i ragazzi si ritrovassero in noi. Con il nostro dialetto romanesco e i nostri errori ortografici. Ci è capitato di essere al supermercato a fare la spesa e trovare adolescenti che sono venuti ad abbracciarci. Abbiamo visto gratitudine nei loro occhi» hanno affermato con grande orgoglio.

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