Essi Vivono, trent’anni dopo
“Abbiamo girato ogni scena due volte, un gran dispendio di tempo. Coprire un’intera strada di cartelloni pubblicitari con messaggi subliminali è stata una rottura di palle. Stranamente, però, la maggior parte delle persone non lo hanno notato, e questo è stato spaventoso.”
Trentadue anni fa usciva ‘Essi Vivono‘, il cult fantapolitico di John Carpenter. Contro ogni sviolinata anti-capitalista che accerchia il film del maestro dalla sua uscita, un paio di aneddoti: qualche anno fa ero un giovane studente al liceo classico, con un avviato regime di rispetto per la settima arte e un principio di verve polemica – non un personaggio amabile. Ricordo molto nitidamente il mio inutile tentativo di convincere certi coetanei alla moda che il marchio ‘Obey’, sulle loro magliette e cappellini, veniva da un film cult degli anni ottanta, e non era soltanto una scelta estetica ed eufonica del brand. Ai loro occhi spauriti dovevo assomigliare al delirante reverendo del film – ma è un’associazione altrettanto ambigua a quegli occhi.
Crescendo e pulendomi di dosso quel tono da radicale con gli occhietti, c’è stata un’altra battaglia persa con altrettanta rassegnazione, quella contro l’interpretazione marxista: va bene, lo abbiamo già detto, ‘Essi Vivono’ si diverte con il mondo capitalista. Erano gli anni reaganiani, e non è cambiato niente. Il mondo obbedisce ancora alla pubblicità e una stimata cerchia di benvestiti governa il mondo – e ci mancherebbe altro.
Ma il film non è un manifesto comunista, e non perché chi scrive nutre antipatie per gli ambienti filosovietici, ma perché è lo stesso Carpenter, in un’intervista rilasciata a Yahoo, a smentirlo: “La società si è trasformata in qualcosa di molto bizzarro. Ci sono gli stessi problemi che avevamo in passato – un capitalismo inarrestabile. Però sono un capitalista felice, amo il mio paese e il sistema che lo governa, semplicemente con alcune riserve. Una di queste è il fatto che la mentalità degli anni ’80 non è mai morta: tutto viene fatto con il solo scopo del profitto. Però non mi piace piagnucolare di questo.”
Essi Vivono è un esercizio e un’occasione di divertimento per lo spettatore, oltre che per lo stesso regista: è Carpenter nella sua forma migliore, che ricalca lo sci-fi anni ’50 e lo ribalta, che riprende i mostri romeriani e li infila in un’epopea da western contemporaneo, dove un moderno Alan Ladd (Il cavaliere della valle solitaria) arriva in una nuova città che non conosce ma di cui prenderà le redini dal basso.
Non è un caso che Nada, il protagonista di quest’avventura, sia un atletico Roddy Piper al suo primo ruolo per il cinema: bello, giovane, muscoloso, biondo e vestito alla buona. Non un secco eroe del bene pasoliniano con la parlata masticata, ma un anti-eroe che non ha alcun interesse nel salvare il mondo, messo però al momento giusto nel posto giusto. Vittima degli eventi, si potrebbe dire, ed è questo ciò che diverte del film. Impossibile tirarsi fuori dalla dissacrazione di Carpenter, ma in Essi Vivono l’acidità della dimensione politica è solo il pretesto per un’avventura fuori da tutti gli schemi, e non il contrario.
Un esempio più semplice: nessuno si sognerebbe mai di prendere ‘I predatori dell’arca perduta’ per un film anti-nazista, indipendentemente dalle posizioni di Spielberg. Nessuna minaccia dietro l’angolo, quindi: siete liberi di consumare.