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“Cinema d’Estate”: Un mercoledì da leoni

Riccardo Colella Posted On 6 Luglio 2021
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“La grande mareggiata da sud, estate 1962. Dei tempi passati ricordo un vento che soffiava attraverso i canyon. Era un vento caldo chiamato Santa Ana che portava con sé il profumo di terre tropicali. Aumentava d’intensità prima del tramonto e spezzava il promontorio. Io e i miei amici spesso dormivamo in macchina sulla spiaggia, e il rumore del mare ci svegliava. E così all’alba sapevamo già che sarebbe stata per noi una grande giornata…“.

È l’incipit di quello che, da larghissima parte di appassionati e addetti ai lavori, è considerato il film più importante di John Milius come regista. Uscito nelle sale statunitensi il 26 maggio 1978 e arrivato in Italia nell’ottobre dello stesso anno, Un mercoledì da leoni è un cult generazionale che sa di amore, amicizia e libertà.

Il film parla della profonda amicizia che lega Jack (William Katt), Matt (Jan-Michael Vincent) e Leroy (Garey Busey), tre amici che condividono la grande passione per il surf e le cui avventure si svolgono scandite dalle quattro grandi mareggiate che colpirono la California nel 1962, nel 1965, nel 1968 fino a quella del 1974.

Si parte, quindi, dagli anni della spensieratezza e degli amori giovanili, fino alle vicende che comprendono il dramma della guerra in Vietnam, passando per la scoperta della morte, fino a quel 1974, anno in cui gli amici si ritrovano, ormai definitivamente maturati, cambiati e consapevoli di aver completato quella fase di  transazione della vita, in cui vedono allontanarsi per sempre l’innocenza degli anni ’60.

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Un’opera sentita e doverosa quella di John Milius. Il regista di Conan il barbaro (1982) e Alba rossa (1984) realizza una critica alla guerra del Vietnam, assai lontana dai toni aspri e violenti di Apocalypse Now di cui fu sceneggiatore. Milius sottolinea in modo toccante come l’irruenza della guerra entri in modo inaspettato nella vita dei protagonisti, sconvolgendone le emozioni.

Un mercoledì da leoni è un film denso e, in parte, autobiografico. Se le tre grandi linee su cui si muovono i protagonisti sono l’adolescenza, l’amicizia e gli anni ’60, è altresì evidente come il film strizzi l’occhio ai trascorsi del regista americano.

Per sua stessa ammissione, John Milius ha praticato il surf in gioventù. Ed è dal cuore del regista che provengono la magia e le atmosfere del film. Appartenente a quella “tribù sottoculturale” che vede nel personaggio di Bear (Sam Melville), l’autentico sciamano, dispensatore di saggezza ed esperienza, alter-ego dello stesso Milius.

Uscito col titolo originale di Big Wednesday, il film parte in sordina, segnando, però, un grandissimo impatto sulla sottocultura del surf e nell’immaginario collettivo, relativamente alla figura dei surfisti californiani degli anni ’60 e ’70, e venendo considerato, ad oggi, il miglior film sul surf.

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È una metafora della vita, quella di Milius. Fresca, malinconica e genuina. Un mercoledì da leoni è uno spaccato generazionale che fotografa con grande empatia e una regìa strepitosa, il percorso che parte da quella spensieratezza, tipica dei favolosi anni ’60, e arriva all’età della maturità e della consapevolezza.

Un’ode alla libertà e alla vita, dove il definitivo passaggio del testimone si concretizza nella struggente e toccante scena finale in cui i tre “vecchi” surfisti, un tempo divinità della spiaggia, cedono il passo (e la tavola da surf) alla nuova generazione.

Il tutto sotto gli occhi paterni e affettuosi di Bear che, da lontano e in disparte, osserva compiaciuto la definitiva maturazione dei protagonisti. “Lo fai il surf? Ci sai fare tu?” gli chiede un ragazzo. “No, no. Non c’è pericolo… Io sono l’uomo delle pulizie”.

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