“Some Time in New York City”: 51 anni fa usciva l’album di John Lennon e Yoko Ono

Era il 12 giugno 1972 quando negli Stati Uniti quando John Lennon, accompagnato da Yoko Ono, pubblicava il suo settimo album solista Some Time in New York City.

Un disco molto politicizzato che viene considerato un episodio minore nella discografia dell’ex Beatle scomparso nel dicembre del 1980, ma che merita comunque un occhio di riguardo.

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John Lennon aveva appena conquistato pubblico e critica con due successi immortali: l’album Imagine (settembre 1971) e il singolo Happy Xmas (War is over), uscito in tempo per il mercato natalizio e destinato a diventare una classica Christmas song.

Qualche settimana prima il trasferimento a New York con Yoko: nel giro di pochi mesi erano già finiti sotto osservazione dell’Fbi per le loro frequentazioni politiche (Jerry Rubin e Abbie Hoffman) e per il loro coinvolgimento nel sostegno a John Sinclair e Angela Davis. Intanto avevano ingaggiato la band degli Elephant’s Memory – un gruppo scarsamente conosciuto – e il batterista Jim Keltner. In tre mesi, fino al marzo del 1972, registrarono le canzoni del primo dei due dischi dell’album, affidandole alla produzione di Phil Spector.

Some Time in New York City si presentava come un album ben diverso da Imagine: le canzoni erano tutte di taglio impegnato e quattro di esse erano cantate da Yoko.

La copertina

Materialmente il disco Some Time in New York City appariva come la prima pagina di un giornale: a sinistra della testata la foto produttore dell’album intagliata in una mela, sotto altre foto e testi di quattro canzoni, che apparivano quasi come gli articoli di prima pagina dell’immaginario quotidiano.

Era dunque facile comprendere che i brani del disco si occupavano di attualità, di argomenti della cronaca contemporanea, specialmente americana.

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La cronaca contemporanea nel primo disco

Attica State racconta la rivolta nel penitenziario di Attica esplosa il 13 settembre 1971, la cui repressione causò 40 vittime, John Sinclair è dedicata al leader degli Yippies imprigionato per possesso di marijuana mentre Angela ad Angela Davis, l’esponente delle Pantere Nere, anch’essa in carcere.

O ancora la questione irlandese cui fanno riferimento due canzoni dell’album: Sunday, bloody sunday trattava della “domenica di sangue” avvenuta due mesi prima, il 30 gennaio del 1972, e The luck of the Irish.

Some Time in New York City si apre con una canzone firmata Lennon-Ono che con Woman is the nigger of the world si schieravano a favore del femminismo rampante. In chiave femminista è anche Sisters o sisters, cantata da Yoko, così come Born in a prison.

New York City è una sorta di diario di bordo dei primi mesi newyorchesi della coppia: il testo è un riassunto di quel che i due hanno fatto e visto dal loro arrivo nella Grande Mela, un po’ sullo stile di “The ballad of John & Yoko” con un rock energico e grintoso.

We’re all water, ultima traccia del lato B del primo dei due dischi, è Yoko in forma poetica.

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Il primo dei due dischi è suonato e cantato da John (chitarre e voce), Yoko (batteria e voce), Jim Keltner (batteria), Klaus Voormann (basso) e dagli Elephant’s Memory (Stan Bronstein, Wayne ‘Tex’ Gabriel, Richard Frank Jr., Adam Ippolito e Gary Van Scyoc).

Il secondo disco

La facciata A del secondo disco contiene la registrazione dal vivo di una performance benefica avvenuta a sostegno dell’Unicef al Lyceum Ballroom di Londra, il 15 dicembre del 1969: Cold turkey e Don’t worry Kyoko sono versioni estese e dal vivo delle due canzoni uscite su singolo nell’ottobre del 1969. In quel concerto al Lyceum Lennon si esibì per l’ultima volta in pubblico insieme ad un altro Beatle.

La facciata B del secondo disco documenta la partecipazione di John e Yoko al bis di un concerto tenuto al Fillmore East di New York il 6 giugno 1971 da Frank Zappa con le Mothers of Invention.

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Classe 2001 e studentessa di “Letteratura Musica Spettacolo” in Sapienza. Alla continua ricerca di meraviglia, di entusiasmo e di un significato in ogni cosa. Le piace lasciarsi attraversare dalle emozioni davanti ad un film, a una poesia o ad un’opera d’arte, riempire i polmoni di bellezza fino a sentire il bisogno di sospirare. Ama l’arte ai suoi antipodi: sempre con la musica in sottofondo, da Vivaldi a Lady Gaga passando per Queen, Jovanotti, Achille Lauro o Ultimo; perde il fiato davanti alle sculture di Canova, agli stencil di Banksy o alle tele di Perez. Con il cuore diviso tra Abruzzo e nord della Francia, ama viaggiare in treno o in aereo, ma mai senza auricolari o un libro di poesie e una matita tra le mani.