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Home » Cinema

“Philadelphia” compie 30 anni: “il film sull’Aids che meritava di essere realizzato”

Sara Paneccasio Posted On 15 Dicembre 2023
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Vincitore di ben 4 premi Oscar e 2 Golden Globes, Philadelphia rimarrà nella storia come il primo film hollywoodiano a trattare il tema dell’Aids. La pellicola di Jonathan Demme, con protagonisti Tom Hanks e Denzel Washington, compie ben trent’anni.

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Un quasi irriconoscibile Tom Hanks interpreta un giovane e promettente avvocato licenziato quando i suoi capi notano lesioni da sarcoma di Kaposi sul suo viso, dovute all’Aids. Cercherà di difendere i suoi diritti in tribunale contro il grande studio legale, con l’inaspettato e dispeato aiuto dell’avvocato Miller impersonato da Denzel Washington.

Un film “come merita”

Marc Platt, allora direttore di Orion Studio accolse la proposta di Demme affermando «Ci sono dieci film in sviluppo in questo momento sull’Aids e tutti hanno un protagonista eterosessuale – questo è. immorale. Faremo il film sull’Aids che merita di essere realizzato.»

Gli sceneggiatori non hanno avuto problemi ad attirare grandi star: Tom Hanks ha perso circa 12 chili per interpretare Andrew Beckett che, non riuscendo a trovare un avvocato disposto a prendere il suo caso, si ritrova con un approfittatore omofobo di nome Joe Miller, interpretato da Denzel Washington.

Quale migliore coppia cliente-avvocato per illustrare i pregiudizi? «Abbiamo detto fin dall’inizio che non ci stiamo rivolgendo a un pubblico che conosca una persona affetta da Aids: il pubblico ha molto più in comune con il personaggio di Denzel che con quello di Tom», spiegavano all’epoca i produttori.

Un approccio vincente

La scelta del soggetto e soprattutto l’ambientazione in tribunale ha una grande importanza nel filone dedicato alla lotta contro l’Aids inaugurato nel 1993 (lo stesso anno uscirono infatti anche il documentario Silverlake Life: The View From Here e il telefilm And the Band Played On).

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Il personaggio di Tom Hanks, Andrew, non viene mostrato negli ospedali o agli appuntamenti medici per una cura. È inoltre raramente indicato come beneficiario di cure: Demme sceglie di insistere piuttosto su uno scontro legale. Il protagonista infatti lotta non solo contro la malattia, ma anche contro altri individui. Questo apre ad una serie di altri temi, come i diritti dei pazienti, la discriminazione, l’omofobia.

Il film si concentra sulla discriminazione causata dalla malattia, ma anche dall’orientamento sessuale. Ad esempio, durante il processo la difesa si rivolge a una dipendente divenuta sieropositiva a seguito di una trasfusione e fa notare come nel suo caso non ci sia stato alcun comportamento che l’abbia portata ad essere infettata. È sottinteso dalla difesa che la donna non sarebbe, a differenza di Andrew, responsabile della sua malattia. Questo contrasto sottolinea la colpevolezza attribuita alla comunità omosessuale, il cui comportamento è considerato come causa della malattia, vista come una sorta di punizione.

La difesa porta anche come prova il fatto che Andrew, morente, sia arrabbiato e frustrato dalle sue scelte di stile di vita e dal modo in cui abbia rischiato. Una scena particolarmente interessante, ricordando il discorso di Susan Sontag che in Aids and Its Metaphors discute l’attribuzione della malattia a un comportamento problematico, come una conseguenza logica e attesa.

Questa particolarità del film di mettere lo spettatore di fronte a personaggi che rappresentano una parte dell’opinione pubblica, all’interno di un luogo come un tribunale uso a dibattiti, argomenti e contro-argomenti, rendono il processo un’ottima piattaforma per affrontare l’argomento e mettendo in luce le diverse “opinioni” a riguardo.

La storia vera

La sceneggiatura si ispira in parte alla vita di Geoffrey Bowers, avvocato licenziato dallo studio legale Baker & McKenzie e deceduto nel 1987. Si ispira anche alla vita di un altro avvocato, Clarence B. Cain, di Philadelphia, sieropositivo abusivamente licenziato da Hyatt Legal Services, ditta del famoso avvocato e uomo d’affari Joel Hyatt.

All’epoca la produzione non ha esplicitamente riconosciuto di essersi basata sul caso Bowers, affermando che si trattasse di un’opera di finzione ispirata da varie fonti, nonché da esperienze personali dello sceneggiatore Ron Nyswaner e del regista Jonathan Demme. La famiglia di Geoffrey Bowers ha sporto denuncia e la difesa ha finalmente riconosciuto che il film era “in parte ispirato” dalla storia di Bowers.

La steadycam

Philadelphia beneficia del savoir-faire di Garrett Brown, inventore dello Steadycam e operatore sul set.

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Fin dalla sigla del film, la città di Filadelfia (in inquadrature accompagnate dal famoso brano di Bruce Springsteen, Streets of Philadelphia) è osservata con grande fluidità.

Il film è pervaso da una sorta di slancio permanente verso l’altro grazie ai movimenti di macchina per le strade, verso le case, nei corridoi dello studio legale e dell’ospedale, e più tardi in aula. Inoltre, molte soggettive evidenziano i sintomi visibili dell’Aids, in particolare della sindrome di Kaposi che provoca lesioni cutanee sul viso di Andrew Beckett (Tom Hanks).

Oltre all’immersione permessa dallo Steadycam, alcune scene di film amatoriali permettono di costituire le “memorie” di ciò che presto non sarà più.

L’insieme di questi effetti, così come il prestigioso cast, favoriscono l’empatia per il protagonista malato, smentendo le serie preoccupazioni di molti produttori.

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