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New York in bianco e nero, tra pandemia e fascino decadente, raccontata nelle poesie di Fabio Strinati

Tech Master Posted On 27 Aprile 2020
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Il fascino di New York non tramonterà mai. Le vette dei suoi palazzi che sembrano toccare il cielo, le sue strade, frenetiche e cariche di storie da raccontare, i suoi colori, capaci di abbellire anche il vicolo più sinistro e insignificante. La Grande Mela, “La città che non dorme mai”, raccontata nelle poesie di Fabio Strinati, poeta e scrittore marchigiano, che in queste settimane di pandemia non ha smesso di sognare una città carica di vita anche se lacerata dal dolore, attiva come sempre, anche se costretta a rimanere ferma al palo, intraprendente, anche se deve fare i conti con un nemico invisibile. Due poesie in cui lo sguardo di Strinati va oltre l’apparenza, proiettandosi verso quell’universo a se stante che solo la realtà metropolita di New York è in grado di fare vivere.

NOTTE A NEW YORK

A Fordham, tutto si trasforma
in un attimo dormiente;
trasudano armonie. Nell’aria,
l’inverno lungo che tutto divora
in uno sciame, nel silenzio decrepito.

Forme diluite (coreografie),
in un angolo di luce, uno sbuffo
di vento, dimagrito… persone sparse
qua e là intirizzite;
sulla strada sconquassata,
schizzi, attimi le illusioni/ visioni notturne
a Broadway che risuona e si ravviva,
di formule s’incendiano scintille!

S’affaccia la luna col bagliore
dell’estate; si disperdono minuscole
visioni.
Rapita da un respiro, penetra la notte vagabonda dall’anima solenne.

LA MORTE A NEW YORK

New York ai tempi del Coronavirus.

Nell’isola dei “disperati”
fòsse senza luce nel raggruppamento;
s’interroga una pagina
stanca del suo inchiostro,
nell’aria, torbido un minuscolo puntino;
non udibile è l’attesa:
la morte fredda come il marmo.

Muoiono le ore negli angoli appartati:
in un cortile, piangono nel sonno
raggi di sole asciugati in un pianto
senza gravità, oscuro privilegio,
la morte mai indecisa,
orrore della propria ombra.

Nel Bronx, guardono al cielo
gli occhi appannati alla penombra;
si deforma l’oblio (nel tempo consumato),
nella memoria, capsule nel dolore instancabile.

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