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Nevermind, 30 anni fa il debutto di un album chiave della storia del rock

Fabio Iuliano Posted On 24 Settembre 2020
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Nevermind, trenta anni fa il debutto di un album chiave della storia del rock, firmato Nirvana. Non è tanto la data di uscita, il 24 settembre di 30 anni fa con una distribuzione inizialmente in sordina (la prima settimana furono vendute circa 6mila copie, un po’ pochino per quei tempi). La data che si ricorda cade all’inizio di gennaio dell’anno successivo, il 1992 quando “Nevermind”, il secondo album dei Nirvana, tira giù “Dangerous” di Michael Jackson dal numero uno della classifica di Billboard, in cui rimase per 263 settimane. Bella cosa per un album lanciato dalla casa discografica Geffen con l’obiettivo di superare, o quantomeno eguagliare le 250mila copie di “Goo” dei Sonic Youth, pubblicato nel 1990.

Inizialmente, tra l’altro, la promozione sulla stampa da parte della Geffen fu ben inferiore rispetto agli standard delle etichette major. La pubblicità si concentrò soprattutto in riviste di settore e pubblicazioni varie distribuite nella zona di Seattle a livello locale. L’inaspettato buon riscontro da parte dei critici musicali convinse poi la Geffen ad incrementare gli sforzi promozionali per l’album. Ma il cambio di passo c’è stato quando il videoclip del singolo scelto come canzone di esordio dell’album “Smells Like Teen Spirit” è entrato in rotazione su MTV, trascinando tutto il lavoro che avrebbe superato un milione di copie nell’arco di due mesi dall’uscita. 

Ma non è né una questione di numeri o circostanze. L’attenzione catalizzata da “Nevermind” ne farà uno degli album simbolo degli anni novanta, una sorta di manifesto di quello che poi tutto il mondo conoscerà come grunge.

I Nirvana iniziarono a lavorare sul secondo album per la Sub Pop, l’etichetta simbolo dell’alternative rock made in Seattle. “Sheep” era il titolo provvisorio designato. In quelle circostanze conobbero il produttore Butch Vig,  famoso anche per “Gish” e “Siamese Dreams” degli Smashing Pumpkins. Le prime sessioni in studio, a Madison, in Wisconsin, regalarono una prima ossatura a “Nevermind”, anche se quasi tutte le tracce sono state registrate nuovamente in sieguito. Otto tracce in particolare: Imodium (successivamente ribattezzata Breed), Dive (poi pubblicata su singolo come B-side di Sliver), In Bloom, Pay to Play (rinominata Stay Away e con un nuovo testo), Sappy, Lithium, Here She Comes Now (cover dei Velvet Underground pubblicata sull’album tributo Heaven and Hell Volume 1), e Polly.

Smells Like Teen Spirit e Come as You Are furono composte in una fase successiva, quella che vide l’alternarsi alla batteria di Dave Grohl al posto di Chad Channing, con l’introverso bassista Krist Novoselic a fare da collante. Nel frattempo, la band aveva già firmato con la DGC Records, sussidiaria della Geffen. Per il missaggio arrivò Andy Wallace. Pur avendo approvato il lavoro di quest’ultimo,  i Nirvana si dichiararono a lungo insoddisfatti del suono “troppo pulito” dell’album. Sicuramente, è stata proprio questa scelta dei suoni (oltre a uno stile di composizione all’apparenza più immediato, con dinamiche ben definite) ad avvicinare i gusti di un pubblico che solo qualche mese prima sarebbe stato inavvicinabile.

Suoni forse male assortiti con lo stile di scrittura dei testi. Lo scrittore Charles R. Cross affermò nella sua biografia di Kurt Cobain del 2001, Heavier Than Heaven, che molte delle canzoni scritte per “Nevermind” riguardavano la problematica relazione sentimentale del cantante con Tobi Vail, la sua ragazza dell’epoca. Quando il loro rapporto finì, Cobain iniziò a scrivere e disegnare scenari pieni di violenza, molti dei quali rispecchiavano il suo odio per sé stesso e per gli altri. I pezzi composti durante questo periodo sono meno di impatto, ma riflettono ugualmente la rabbia presente nelle prime composizioni.

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