Gabriella Ferri, 18 anni senza mamma Roma
Gabriella Ferri, una delle voci più caratteristiche della musica romana. Aveva una voce unica che destò simpatia e ammirazione per quel suo modo beffardo di cantare e per quel volto col caschetto biondo che esprimeva grande ironia. Nata a Testaccio, crebbe tra San Giovanni e Trastevere nella Capitale e dal padre ereditò la passione per la musica folk romana.
La sua formazione musicale era dunque popolaresca. E di ciò ne andava fiera.
Le innumerevoli interpretazioni graffianti e personali delle canzoni popolari, con uno stile inimitabile, la resero di fatto un’artista unica e straordinaria.
La carriera di Gabriella Ferri
Le sue prime canzoni erano state quelle da osteria, come La società dei magnaccioni, interpretate accanto ad una ragazza timida, Luisa De Santis, la figlia del celebre regista neorealista Giuseppe De Santis. Insieme fondarono il duo Luisa&Gabriella che Mike Bongiorno, nel programma La fiera dei sogni, era solito definire “la ragazza dei quartieri alti e quella dei quartieri bassi”.
Erano i tempi di “Ciuri, ciuri”, “Vitti ‘na crozza” e “La povera Cecilia”. Luisa però decise di ritirarsi dalle scene, complice il suo carattere timido poco adatto al palcoscenico.
Gabriella Ferri decise così di intraprendere la carriera da solista. Nel 1966 pubblica il suo primo album in solitaria e inizia una tournée negli Stati Uniti, poi partecipa al “Bagaglino”. Qui trionferà presentando un repertorio di stornelli e canzoni popolari romane, che la consacrarono come la regina della canzone romana.
Sempre nel 1969, al Festival di Sanremo, cantò con Stevie Wonder il brano “Se tu ragazzo mio”.
Nel 1976 recitò anche nel film “Remo e Romolo-Storia di due figli di una lupa” di Mario Castellacci e Pier Francesco Pingitore.
Negli anni ’70 è spesso presente in grandi varietà come Questa sera Gabriella Ferri (1971), Senza rete (1972), Dove sta Zazà (1973), Il circo delle voci (1974), Mazzabubù (1975).
Le ultime apparizioni, già sporadiche negli anni ‘90, risalgono al 2002 quando partecipa a Buona Domenica di Maurizio Costanzo.
Mamma Roma
Era “Mamma Roma”, come veniva affettuosamente chiamata dai fans per via del suo aspetto che negli anni andò ad assumere le fattezze tipiche di una madre del popolo. Ereditò da Claudio Villa il ruolo di rappresentante del genere musicale romano. Con il cantante trasteverino indimenticabile rimarrà il duetto a colpi di stornelli romaneschi.
Molti rivedevano in lei il carattere, la personalità di Anna Magnani. Incarnava la diva che univa tratti eccezionali con tratti quotidiani, semplici. In Gabriella Ferri il pubblico si identificava. Complice anche il fatto che negli anni Sessanta e Settanta il divismo non riguardava più solo il cinema, ma anche la TV, la musica, lo sport e la moda.
Un’artista poliedrica che in molti conoscono per la sua musicale dialettale. Ma alcuni suoi brani non marcati linguisticamente ebbero grande successo oltreoceano. Tuttavia al dialetto Gabriella Ferri affidò una parte del suo complesso e profondo mondo interiore, consapevole che solo così poteva trasferire a chi la ascoltava una parte del suo mondo.
“Tu sai che per me il dialetto è la mia lingua” – disse a Mia Martini nel 1975 – “È una storia d’amore e l’amore è importante, è la ragione di tutto”.
Era romana come pochi. Ma la sua interpretazione di Dove sta Zazà, in napoletano, la rese patrimonio nazionale.
La sensibilità di Gabriella Ferri era fuori dal comune. Il figlio anni fa raccontò un aneddoto su di lei: “In centro ci sono persone senza gambe e la gente cammina, passeggia, non li vede: sono invisibili per la più parte di loro. Per mia madre, invece, esistevano solo loro; per lei erano invisibili gli altri, quelli normali”. Non a caso, il tema di chi è costretto a vivere tra le mure fredde del carcere è spesso presente nelle sue canzoni.
Purtroppo la depressione che la colpì alla fine degli anni ‘90 l’ha tolta troppo presto dalle scene, dal palco e dalla tv. Morì il 3 aprile del 2004 per un incidente, cadendo dal balcone della sua casa a Corchiano in provincia di Viterbo.
Ma le sue canzoni, le sue interpretazioni delle vecchie canzoni, rimarranno un patrimonio immortale per un genere musicale che va scomparendo. Riposa nel cimitero del Verano, a Roma. Sulla sua lapide il marito Seva Borzak fece incidere queste parole semplici: “Di notte i tuoi occhi brillavano più forte della luce di giorno, il tuo amore riscaldava più del sole”.