A spasso per l’Italia a tempo di musica con Agnese Fallongo e Tiziano Caputo: l’intervista
Dopo lo straordinario successo ottenuto lo scorso anno con “I Mezzalira- Panni sporchi fritti in casa”, quasi sempre sold out in tutte le sue repliche romane e nazionali, Agnese Fallongo e Tiziano Caputo tornano a mettere in scena il loro anch’esso fortunato “…Fino alle stelle! Scalata in musica lungo lo Stivale”, da domani fino al 6 novembre sul palco del Teatro de’ Servi. Quale migliore occasione per scambiare quattro chiacchiere con la talentuosa attrice-autrice romana?
Partiamo dal titolo, “…Fino alle stelle”: trattandosi di una commedia musicale, viene da pensare ad un omaggio all’immortale “Polvere di stelle” di Alberto Sordi. È così? Da dove nasce la scelta di un’opera di questo tipo e di quale “ricerca sul campo” ha avuto bisogno per essere sviluppata?
Sì, il rimando è senza dubbio al mitico film di Albertone, anche perché in fase drammaturgica mi piace parecchio avere delle “suggestioni” cinematografiche, anche se, ci tengo a precisarlo, si tratta solo, appunto, di “suggestioni”. In questo caso, il fatto che si parli di fame, miseria e voglia di emergere rimanda senza dubbio a quella pellicola. Per quanto concerne ciò che si cela dietro ad un allestimento come questo, direi che con Tiziano abbiamo innanzitutto fatto una lunga e accurata ricerca sulle musiche popolari di ogni regione italiana, con l’intenzione di riportare alla luce un Paese, il nostro degli anni Cinquanta dello scorso secolo, che ci piacerebbe far conoscere non soltanto qui da noi ma anche all’estero (dove siamo già stati e presto torneremo). Più che altro, ci piacerebbe, attraverso la musica, far conoscere certi aspetti genuini di quell’epoca che oggi sembrano dimenticati.
Chi è il tuo personaggio, Maria? E, se si dovesse paragonare a qualche cantante-musicista dei giorni nostri o del passato, a chi la paragoneresti?
Beh, senza aver paura di “allargarmi” e con il dovuto rispetto, ti direi che ha un piglio simile a Gabriella Ferri. Rispetto a questa indimenticabile interprete ha però una pudicizia e una timidezza molto più marcate, d’altronde nell’epoca di riferimento non è che la vita fosse facile per una donna che voleva fare il suo mestiere. Sarà Tonino, il coprotagonista, ad aiutarla a scoprirsi come artista e come persona a 360°, dandole i giusti stimoli per acquisire una piena consapevolezza di sé.
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Questo spettacolo, oltre ad essere un viaggio avventuroso all’interno della canzone italiana, sembra un invito a credere con fermezza nei propri sogni. A chi vi rivolgete, cosa volete suggerire?
Io e Tiziano ancora oggi ci sentiamo degli outsider, perché, nonostante la nostra formazione accademica, abbiamo deciso di fare un teatro nostro, fuori da certi circuiti. Il nostro invito è quindi quello di provare a rendersi artefici del proprio destino, nonostante il periodo difficile che tutti stiamo vivendo. Noi, da quando abbiamo iniziato, stiamo provando a costruirci il nostro spazio e lo stiamo facendo “tornando indietro”, puntando cioè a raccontare una storia, non facendo avanguardia. Per noi è questo il mezzo giusto per… arrivare alle stelle!
Puoi parlarci del training vocale che si nasconde dietro uno spettacolo di questo tipo? Come ti, vi preparate prima di portarlo in scena e quali sono i tuoi cardini musicali (da interprete ma anche da semplice appassionata)?
Tiziano è un musicista vero e proprio oltre che un attore, io ho studiato pianoforte e sono una cantante, dunque per noi la musica ha sempre avuto una grande importanza. A livello di training, prima di uno spettacolo ci prepariamo con una serie di esercizi che prevedono sia il riscaldamento fisico che delle corde vocali. Siamo molto ligi in questo, non li tralasciamo mai. Poi, nell’ultimo quarto d’ora che precede l’alzata del sipario, cerchiamo di estraniarci completamente per “trovare noi stessi”. La musica che amo di più ascoltare? Sicuramente Dalla e Tenco, ma anche la musica popolare.
Nei vostri testi, spesso erompe una carica umana devastante proprio nel momento in cui si sta ridendo di più. È una peculiarità drammaturgicamente studiata? E, già che ci siamo, in veste di soli autori, come lavorate tu e Caputo?
Partiamo da una premessa fondamentale: “…Fino alle stelle” è tra i nostri spettacoli quello che più ha a che fare con l’entertaining puro e, nello stesso tempo, quello che considero più comico. Detto questo, però, a me, a noi, piace mescolare questo registro con altro. Io mi sento molto a mio agio con il tragicomico, per esempio. È una cosa che è sempre stata nelle mie corde a livello di drammaturgia. Più in generale, ti direi che cerchiamo di metter su un registro non di genere e di immaginare già su carta dei tempi di scena che siano quanto più possibile moderni, allineati con il presente. Per quanto concerne le modalità di lavorazione di questo testo nello specifico, la nostra sinergia ha tenuto innanzitutto conto del fatto che si tratta di un lavoro in cui la musica, pur non essendo un musical, ha un ruolo portante. Dunque abbiamo sempre dovuto fare i conti, anche in fase di scrittura, con gli aspetti performativi che sarebbero intervenuti con la messa in scena.
Dopo queste due settimane al De’ Servi, nel 2023 vi aspettano altri due appuntamenti romani, con “Letizia va alla guerra” al Tor Bella Monaca (gennaio) e con i “Mezzalira-Panni sporchi fritti in casa” al Manzoni (marzo). D’accordo che Roma è casa vostra, ma vi aspettavate i riscontri entusiasmanti di questi ultimi due anni, soprattutto dopo la sciagura-Covid?
Per noi, come per quasi tutti color che fanno teatro, il primo periodo di pandemia è stato molto difficile, quindi, sì, l’immediato successo, di critica e soprattutto di pubblico, riscosso appena tornati sulle scene è stato sorprendente. Credo dipenda dal fatto che noi (e in questo noi metto anche Adriano Evangelisti, regista e attore di “Letizia va alla guerra” e di Raffaele Latagliata, regista di questo spettacolo e dei “Mezzalira”, perché ci consideriamo un collettivo, non un duo) facciamo un teatro popolare, attraverso il quale abbiamo fidelizzato i nostri spettatori. Siamo partiti dai teatri off e, nonostante la pandemia, adesso stiamo andando alla grande, con oltre cento repliche previste per i nostri tre lavori. È un bel riconoscimento dopo quello che abbiamo fatto dal 2017 in poi.
Ti lasciamo con una domanda d’obbligo: su cosa stai, state lavorando di nuovo per il futuro prossimo?
Stiamo scrivendo un nuovo testo sul quale, però, non posso dirti molto perché stiamo ancora valutando con attenzione l’argomento principale sul quale dovrà vertere. Posso dirti che sarà sicuramente nel nostro stile e che, quando verrà messo in scena, coinvolgerà un numero di attori superiore rispetto al passato ed avrà un respiro linguistico più “internazionale”. Soddisfatto?
Mhm, non molto, allora ti faccio un’altra domanda: pensi che i tempi scenici tuoi e di Tiziano Caputo potrebbero avere la stessa capacità impattante anche sul grande schermo?
Io dico di sì, penso che siano assolutamente adatti. Il problema è che non è facile lavorare a un certo livello nel mondo del cinema. Servono tempo e soldi, e un canale giusto per poter sviluppare i propri progetti. Certo mi piacerebbe, per esempio, vedere come funzionerebbero i nostri tre spettacoli al cinema. Chissà… Ah, nel frattempo mi sto portando avanti, lavorando al mio primo corto da regista. Sì, ci sto, ci stiamo pensando!