Via al restauro del Sarcofago degli Sposi a Villa Giulia: visite aperte al pubblico

A più di settant’anni dall’ultimo restauro, il Sarcofago degli Sposi, emblema dell’arte etrusca di 2500 anni fa, torna al centro di un nuovo intervento conservativo, frutto della collaborazione tra Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Villa Giulia e l’Istituto Centrale per il Restauro a Roma. Le visite sono aperte al pubblico.
Un sarcofago composto da quattrocento pezzi
Due coniugi si abbracciano adagiati su un letto. Chiunque conserva nella memoria un’immagine di questa celebre opera etrusca, ma probabilmente pochi conoscono la storia del suo ritrovamento.
Il 9 aprile 1881 a Cerveteri, precisamente nella Tenuta della Banditaccia appartenente al principe Francesco Ruspoli, vennero alla luce i numerosi frammenti del Sarcofago degli Sposi. Quest’urna di grandi dimensioni si caratterizza per una base a forma di letto, la kline (contenente le ceneri dei defunti) e un coperchio scolpito che raffigura una coppia di sposi semidistesi a banchetto. Viene ritenuta l’opera più importante del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e si lega a doppio filo al suo fondatore, Felice Barnabei, che con determinazione riuscì ad acquistare per quattromila lire un insieme di frammenti di terracotta. Quei quattrocento pezzi, un tempo considerati “rottami”, oggi sono l’emblema dell’arte etrusca.
A distanza di oltre un secolo dal primo restauro che ricompose la celebre coppia in un tenero abbraccio e a circa cinquant’anni dall’ultimo intervento, il sarcofago è ora al centro di nuovi studi. Questo prevede il restauro, la creazione di un piano conservativo e la sua valorizzazione, grazie a una convenzione tra il Museo e l’Istituto Centrale per il Restauro.

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I restauri del sarcofago nel tempo
Il primo intervento sul sarcofago avvenne sul finire dell’Ottocento. Felice Barnabei affidò il restauro a Cristoforo Ravelli, valente artigiano orvietano, maestro nella lavorazione del rame. Ravelli ideò un’armatura interna, un leggero scheletro di sottili lamine metalliche. Su questa struttura si applicarono e si fissarono, con un semplice ed economico adesivo a base di colla di pesce, tutti i frammenti costitutivi precedentemente puliti dal restauratore Natale Malavolta.
Barnabei richiese espressamente un intervento conservativo, senza aggiunte alle parti mancanti né stuccature delle fratture, come mostrano le fotografie d’archivio. L’operazione restituì, con grande soddisfazione, dopo molto tempo, la commovente immagine delle due figure unite in un tenero abbraccio.
L’intero lavorò richiese l’ingente esborso economico di 21.000 lire. Un secondo restauro, nei primi anni Cinquanta del Novecento, richiese invece azioni meno complesse come la pulizia delle superfici, il controllo della stabilità delle giunture create durante il primo intervento, la verifica dell’efficacia dei materiali utilizzati, ma soprattutto il riempimento dei vuoti lasciati mezzo secolo prima.
Dopo quasi settant’anni di immobilità, il nuovo cantiere punta a consolidare l’opera e a restituirne i colori originali.

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Finalità del nuovo restauro
Luana Toniolo, responsabile del restauro, ha illustrato come la prima fase del lavoro, dedicata alle gambe dei due sposi e alle loro calzature, abbia già prodotto notevoli miglioramenti. A distanza di ben centocinquant’anni dalla scoperta, si può notare una marcata differenza cromatica rispetto ai precedenti interventi. La tonalità originaria della terracotta sta riemergendo in modo più vivido e puntuale. Si prevede che questa fase iniziale si concluderà entro la fine dell’estate, per poi concentrarsi sul resto del prezioso sarcofago.
L’obiettivo primario è di assicurare una colorazione omogenea, in modo da preservare l’armonia visiva complessiva dell’opera. Nel corso degli anni infatti, le parti precedentemente restaurate avevano assunto tonalità differenti dall’originale, apparendo molto più chiare e distanti dal colore scuro, simile all’ebano, che caratterizzava l’antica urna cineraria. Il recupero dell’intensa cromia è un aspetto fondamentale per restituire una percezione più autentica e fedele dell’opera.
Nel corso della progettazione, sono stati scelti strumenti altamente tecnologici come scanner e stampanti 3D. Secondo le parole della dottoressa Toniolo: «Verrà realizzato un sostegno in fibra di carbonio – una soluzione inedita e rispettosa della terracotta, basata sulla superficie interna del sarcofago. Le precedenti lastre metalliche, infatti, rendevano la struttura considerevolmente pesante».

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Visite aperte al pubblico
Il museo ha voluto rendere partecipe i visitatori del meticoloso intervento conservativo. L’officina di restauro accoglie il pubblico due volte alla settimana, precisamente il martedì e il giovedì, in una fascia compresa tra le ore 10 e le 13.
Tale iniziativa offre a esperti, appassionati e turisti l’opportunità di interagire direttamente con i tecnici, comprendendo meglio le delicate fasi dell’operazione di recupero. L’iniziativa si fonda su una sinergia tra il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e l’Istituto Centrale per il Restauro, con l’obiettivo di assicurare un metodo scientifico e scrupoloso.
Il progetto si prefigge di delineare una strategia non solo per la riparazione, ma anche per la salvaguardia a lungo termine e la cura periodica del sarcofago. In questo modo, si intendono scongiurare futuri danni o deterioramenti. Tale piano getta le fondamenta per una promozione costante e più fruibile del manufatto, che attualmente costituisce uno dei più rilevanti patrimoni archeologici italiani.
Chi desiderasse maggiori informazioni, può contattare il sito web www.museoetru.it .

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Fonte immagini: Wikipedia