• Musica
  • Cinema
  • Entertainment
  • Teatro
  • Speciali
  • Interviste
  • Libri
  • Attualità
  • News
  • A spasso nel tempo
  • Musica
  • Cinema
  • Entertainment
  • Teatro
  • Speciali
  • Interviste
  • Libri
  • Attualità
  • News
  • A spasso nel tempo
Home » Cinema Featured Speciali

Trent’anni di “I soliti sospetti”, il thriller che ingannò il mondo

Sara Paneccasio Posted On 2 Febbraio 2025
0


0
Shares
  • Share On Facebook
  • Tweet It

Sono passati trent’anni dall’uscita di “I soliti sospetti“ (1995), il capolavoro di Bryan Singer che ha lasciato un segno indelebile nel cinema thriller-noir.

Con una trama avvincente, un cast stellare – la consacrazione di Kevin Spacey – e uno dei colpi di scena più sorprendenti della storia del cinema, il film continua a essere un punto di riferimento per gli amanti del genere e per gli studiosi di narrativa cinematografica.

“I soliti sospetti” si apre con un’interrogatorio nella baia di San Pedro, in California. Il protagonista, Roger “Verbal” Kint (Kevin Spacey), è un piccolo truffatore che sopravvive a un massacro su una nave carica di droga. Mentre viene interrogato dall’agente speciale Dave Kujan (Chazz Palminteri), Verbal racconta gli eventi che hanno portato alla tragedia: cinque criminali – Dean Keaton (Gabriel Byrne), Michael McManus (Stephen Baldwin), Fred Fenster (Benicio del Toro), Todd Hockney (Kevin Pollak) e lui stesso – vengono coinvolti in una serie di crimini orchestrati da un misterioso e temuto signore del crimine, Keyser Söze. La storia si dipana attraverso flashback, in cui il pubblico è invitato a mettere insieme i pezzi dell’intricato puzzle narrativo. Ma è solo nel finale che il vero inganno si rivela: Keyser Söze è sempre stato sotto gli occhi di tutti.

Leggi anche: “Diva Futura”: la rivoluzione del porno arriva al cinema

Il film vanta un cast straordinario, con interpretazioni memorabili – su tutte quella di Kevin Spacey -, che gli valse l’Oscar come Miglior attore non protagonista. Il personaggio di Verbal Kint è un esempio magistrale di costruzione psicologica, un uomo fragile e innocuo all’apparenza, ma che nasconde una mente brillante e manipolatrice.

La sceneggiatura di Christopher McQuarrie (anch’essa premiata con l’Oscar) è un intreccio perfetto di suspense e inganno, capace di coinvolgere lo spettatore fino all’ultimo secondo. Curioso pensare che l’idea per la scrittura de “I soliti sospetti” nasce da due elementi che intrecciano cinema e realtà: il titolo, ispirato da una battuta del film “Casablanca” (1942):

“Round up the usual suspects”

e il personaggio di Keyser Söze, basato su una combinazione di criminali reali e leggende metropolitane. Inoltre, il film deve molto allo stile di registi come Akira Kurosawa (Rashomon, 1950) per la narrazione soggettiva e ingannevole.

“I soliti sospetti” è un thriller-noir che deve il suo successo anche all’uso sapiente del montaggio, dei flashback e della voce narrante per costruire un intreccio che tiene lo spettatore incollato allo schermo. La regia di Bryan Singer è minimalista ma efficace, con inquadrature studiate per sottolineare la tensione e il mistero.

Un vero e proprio esercizio di storytelling visivo, in cui ogni dettaglio assume un nuovo significato alla seconda visione. L’importanza dell’inganno è il fulcro della pellicola: la manipolazione narrativa è tale che lo spettatore si ritrova a credere a una storia che si sgretola negli ultimi minuti. Il finale, con la rivelazione dell’identità di Keyser Söze e la celebre frase

“La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stata convincere il mondo che non esiste”

ha ridefinito il concetto di colpo di scena nel cinema.

Leggi anche: A Largo Venue di Roma il “Fuck Normality” Festival: orari, ospiti e cosa c’è da sapere

“I soliti sospetti” ha dato vita a numerose teorie: era tutto un’invenzione di Verbal? Quali eventi narrati sono reali? Anche dopo tre decenni, gli spettatori continuano a discutere e analizzare il film, testimoniando la sua profondità e complessità.

Nel panorama thriller-noir, il secondo film di Bryan Singer (che aveva esordito con “Public Access“) si colloca tra i film più influenti, accanto a opere come “Seven” (1995) e “Memento” (2000). Il suo uso dell’inganno narrativo ha influenzato pellicole successive come “Fight Club” (1999) e “Shutter Island “(2010), consolidando il suo status di cult movie.

“I soliti sospetti” ottenne due Oscar nel 1996 (Miglior sceneggiatura originale e Miglior attore non protagonista per Kevin Spacey) e numerosi altri riconoscimenti. A distanza di trent’anni resta un’opera imprescindibile, studiata dalle nuove leve cinematografiche e amata dagli spettatori di ogni generazione. Con il suo finale che ribalta ogni certezza, il film ha insegnato a milioni di spettatori a guardare oltre le apparenze e a rimettere in discussione tutto ciò che credono di sapere. Un’eredità che continua a vivere, come il mito stesso di Keyser Söze.

Correlati

0
Shares
  • Share On Facebook
  • Tweet It




You may also like
“Kevin Spacey – Dietro la maschera”: su Discovery+ la docu-serie con le testimonianze di molestie e abusi
13 Giugno 2024
Caso Kevin Spacey: l’attore assolto dalle accuse di abusi e molestie sessuali
27 Luglio 2023
La redenzione di Kevin Spacey: dal baratro al nuovo film di Franco Nero
24 Maggio 2021
“Elena, la matta": un viaggio intenso tra memoria e speranza, con una Paola Minaccioni indimenticabile
Read Next

“Elena, la matta": un viaggio intenso tra memoria e speranza, con una Paola Minaccioni indimenticabile

  • Popular Posts

    • 1
      "La notte", il singolo di Andrea Laszlo De Simone che anticipa il nuovo album
    • 2
      Salone del Libro di Torino: gli appuntamenti immancabili del weekend
    • 3
      Alla Città dell'Altra Economia di Roma l'undicesima edizione di ARF! Festival del Fumetto

  • Seguici sui Social


  • Home
  • Chi siamo
  • Contatti
  • Home
  • La redazione
  • Privacy Policy
© Copyright 2024 - Associazione Culturale EREBOR - Tutti i diritti riservati
Press enter/return to begin your search