Storia, simboli e segreti della fumata bianca

Mercoledì 7 maggio prenderà via il Conclave per eleggere il successore di Papa Francesco. Un appuntamento contraddistinto da suggestioni e tradizioni, da storia e fascino che, mai come in quest’occasione, sarà seguito con fare spasmodico. L’avvento dei social network ha infatti mutato la narrazione e trasformato questo rito secolare in una sorta di reality show da seguire minuto dopo minuto. Ed è proprio da qui che, in qualche modo, la Chiesa riparte: dall’apertura di Jorge Bergoglio alla tecnologia: questo Conclave sarà il più mainstream della storia. Ma, se tutte le strade portano e porteranno a Roma, analogamente a quanto avvenuto in passato il rito si conclude e si concluderà con la fumata bianca.
Quando i cardinali elettori raggiungono un accordo e un nome si staglia tra le schede votate, il momento culminante si annuncia con un segnale visivo antico e solenne: la fumata bianca, appunto. Momento che, fra le altre cose, è entrato di diritto anche nell’interloquire tra le persone, nel linguaggio della comunicazione e della politica per annunciare il raggiungimento di un accordo. È allora che, dal comignolo issato sulla Cappella Sistina, si leva nel cielo di Roma una colonna di fumo chiaro, segno che un nuovo Pontefice è stato scelto. Un gesto semplice, ma carico di significato: in quell’istante, la Chiesa cattolica ha di nuovo un Papa. I fedeli esultano e la curiosità cresce attorno a colui che si affaccerà per salutare piazza San Pietro e il mondo intero.
Questo rito, però, anche se affonda le radici nel passato, non è così datato come si potrebbe pensare. Non è un’usanza che accompagna da secoli la celebrazione del nuovo Pontefice. Il rito della fumata ha una data precisa d’inizio, ed è quella del Conclave del 1878, quello che ha portato all’elezione di Papa Leone XIII. Un rito che ha rappresentato una svolta nella comunicazione vaticana perché, prima di esso, l’esito delle votazioni rimaneva avvolto nella riservatezza e nell’incertezza fino a comunicazione ufficiale. Fu proprio per colmare questa distanza tra il mondo cardinalizio ed ecclesiale e il mondo esterno che si introdusse un segnale visibile e accessibile a tutti: il fumo. Così primordiale, antico, remoto, ma anche tanto naturale, facile da produrre e immediatamente percepibile.
Il metodo consisteva nel bruciare le schede elettorali votate al termine di ogni scrutinio. Se non veniva stato raggiunto il quorum necessario all’elezione veniva prodotto fumo nero ma, in caso di raggiungimento del quorum, invece, il fumo doveva apparire bianco. Ma, per restare a tema, non sempre è stato tutto così roseo: per decenni il colore delle fumate è stato fonte di ambiguità, né troppo scuro né troppo chiaro. Insomma, grigio. Si rendeva necessario ovviare a questa confusione perché la combustione della sola carta raramente garantiva una tonalità chiara e facilmente interpretabile. Così si provò a inserire paglia umida, ma anche quella soluzione si rivelò limitante.
Il problema della leggibilità visiva del fumo ha portato, nel tempo, a un’evoluzione del meccanismo. Dal Conclave del 2005, che portò all’elezione di Benedetto XVI, ogni fumata bianca è accompagnata dal suono festoso delle campane di San Pietro, per rendere inequivocabile il messaggio e sciogliere qualsiasi forma di ambiguità. Insomma, in claris non fit interpretatio. Nello stesso anno è stata introdotta anche una seconda stufa, tecnologicamente più avanzata e moderna, accanto alla storica stufa in ghisa del 1939.
Oggi, la stufa moderna utilizza cartucce chimiche progettate per generare fumi di colore definito: nero per la non-elezione, bianco per l’elezione. Ogni cartuccia misura 25 cm di lunghezza, 15 di profondità e 7 di altezza, ed è composta da cinque cariche attivate in sequenza elettronica. Il fumo nero è prodotto tramite una miscela di perclorato di potassio, antracene e zolfo; il bianco si ottiene invece con clorato di potassio, lattosio e colofonia (una resina naturale nota anche come pece greca). La fumata dura circa sette minuti, offrendo così una visibilità prolungata, anche in condizioni di luce scarsa. Praticamente è impossibile sbagliarsi e, anche il cosiddetto momento di distrazione, può essere facilmente sanato. Per tutto il resto ci sono telecamere, smartphone, fotocamere con obiettivi telescopici e dirette televisive e social network a qualsiasi latitudine. Ed ecco, dunque, che tradizione e tecnologia s’incontrano.
La mattina del 2 maggio, i vigili del fuoco del Vaticano hanno installato il comignolo sopra la Cappella Sistina. Da lì verrà data notizia. Il comignolo, un tubo metallico semplice ma simbolicamente potentissimo, sarà collegato alle due stufe di cui abbiamo scritto in precedenza. : quella del 1939 per incenerire le schede e quella moderna per emettere il fumo colorato. Ogni fase è gestita da un gruppo ristrettissimo di tecnici di fiducia del Vaticano che garantiscono il corretto funzionamento del sistema. Una telecamera dei media vaticani sarà puntata a pochi metri dal camino per riprendere in diretta l’attesissimo momento. Un sistema di illuminazione sarà inoltre predisposto per rendere visibile la fumata anche in orario serale.
Nella sua tradizione mista a fascino, la storia delle fumate è comunque contraddistinta da episodi curiosi laddove non direttamente memorabili. Celebre il caso del 1958: durante il Conclave che portò all’elezione di Giovanni XXIII, una fumata incerta generò confusione tra la folla raccolta in Piazza San Pietro, che applaudì prematuramente l’elezione. Un episodio simile si verificò nel primo Conclave del 1978, quello che vide l’elezione di Giovanni Paolo I: anche in quel caso, il fumo sembrava grigiastro e la folla attese a lungo prima di avere conferme ufficiali. Nonostante il progresso tecnologico, la fumata bianca resta un gesto carico di spiritualità e rito. In un’epoca dominata da notifiche istantanee e comunicazione digitale, essa conserva la forza arcana di un linguaggio antico, collettivo, silenzioso e solenne. Mentre tra le pareti affrescate da Michelangelo i cardinali decidono il futuro della Chiesa, il mondo intero guarda al cielo sopra la Città Eterno. E quando quel fumo candido si alza, una tradizione secolare si rinnova ancora una volta. Chi succederà a Papa Francesco?