“Red Sparrow”, il corpo come arma: Jennifer Lawrence domina lo spy thriller di Francis Lawrence
“Red Sparrow” è un thriller elegante e brutale, sensuale e raggelante, che usa la forma del genere per scavare nel tema del potere e, soprattutto, del corpo come campo di battaglia. L’interpretazione di Jennifer Lawrence è magnetica, e qui raggiunge uno dei vertici più complessi della sua carriera: la sua Dominika Egorova è una donna costretta a reinventarsi, a sopravvivere trasformando la propria vulnerabilità in un’arma. È un ruolo che la Lawrence abita con consapevolezza e che, come lei stessa ha ammesso, ha rappresentato una sorta di riscatto personale dopo la violazione della sua privacy nel 2014.
Dominika Egorova è la prima ballerina del Bolshoi, disciplinata, fiera, devota alla madre malata che dipende interamente da lei. Ma una sera, durante un’esibizione, un incidente distrugge la sua carriera e, con essa, ogni sicurezza economica. È lo zio Vanja (Matthias Schoenaerts), alto funzionario dell’intelligence russa, a offrirle un’alternativa, quella cioè di servire lo Stato. La proposta è tanto seducente quanto pericolosa. Dominika accetta, senza sapere che finirà per entrare nella famigerata Scuola degli Sparrow, dove uomini e donne vengono addestrati a usare il proprio corpo come strumento di manipolazione, seduzione e ricatto.
Sotto l’occhio glaciale dell’istruttrice interpretata da una straordinaria Charlotte Rampling, Dominika impara che “non esistono limiti” e che l’obbedienza è la prima virtù di una spia. Ma, dietro lo sguardo apparentemente docile, la ragazza nasconde una forza silenziosa: non è lì per servire lo Stato, ma per sopravvivere e riprendersi il controllo del proprio destino.
La missione che le viene affidata è quella di avvicinare Nathaniel Nash (Joel Edgerton), agente della CIA implicato in un intrigo di doppie spie e tradimenti incrociati. Tra i due nasce un rapporto di attrazione e diffidenza, un continuo gioco di maschere dove nessuno dice mai tutta la verità. Dominika, “campionessa di inganni”, deve conquistarlo e al tempo stesso carpirgli informazioni vitali per il governo russo. Ma più il legame si approfondisce, più i confini fra lealismo e ribellione si fanno sfumati.
Francis Lawrence, che ritrova Jennifer dopo la trilogia di “Hunger Games”, costruisce un film cupo, carico di tensione e ambiguità. Il ritmo alterna momenti di pura suspense a improvvise esplosioni di violenza, con un montaggio che lascia poco respiro. Non ci sono eroi, solo sopravvissuti di un mondo in cui il corpo è moneta di scambio e la fiducia una trappola.
Molto si è parlato delle numerose scene di nudo di Jennifer Lawrence, girate con un coraggio e una consapevolezza fuori dal comune. Non c’è nulla di voyeuristico, né di gratuito. Il corpo della protagonista è esibito, umiliato, ferito, ma mai oggettivato. È un linguaggio, non un feticcio. In una delle sequenze più celebri, Dominika è costretta a spogliarsi davanti alla classe per dimostrare di saper dominare la paura e la vergogna. Lawrence, che inizialmente aveva dichiarato di temere il nudo dopo il furto delle sue foto private, ha raccontato che quella scena è stata per lei un atto liberatorio: “È stato come riprendermi qualcosa che mi avevano tolto”, ha spiegato.
Il film, vietato ai minori negli Stati Uniti, affronta la sessualità non come intrattenimento ma come strumento di potere, umiliazione e controllo. È un terreno che il regista esplora senza compiacimento, lasciando che sia la protagonista a dettare le regole del gioco.
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“Red Sparrow” è tratto dal romanzo omonimo di Jason Matthews, ex agente della CIA scomparso nel 2021, che portò nel racconto la conoscenza diretta del mondo dell’intelligence. Il libro, pubblicato in Italia con il titolo “Nome in codice: Diva”, è considerato uno dei migliori thriller di spionaggio contemporanei, lodato per l’autenticità dei dettagli operativi e per l’attenzione alla psicologia delle spie. Matthews collaborò personalmente alla sceneggiatura, garantendo al film un realismo a tratti inquietante.
Le “Sparrow”, nel linguaggio dell’intelligence sovietica, erano effettivamente donne addestrate all’arte del sexpionage, l’uso del sesso come mezzo per ottenere informazioni sensibili. Nel film, questa realtà viene amplificata in chiave drammatica e simbolica: l’addestramento di Dominika è un rito di passaggio violento, ma anche un percorso di emancipazione. Accanto a Lawrence e Edgerton, il cast è impreziosito da Jeremy Irons, glaciale e ambiguo come sempre, e da Charlotte Rampling, che conferisce al film un tono quasi rituale. Francis Lawrence dirige con uno stile visivo elegante, fatto di colori freddi, luci metalliche e interni moscoviti che sembrano gabbie dorate.
“Red Sparrow “è un film disturbante e raffinato, che ribalta il cliché della “spia seduttrice” per raccontare la storia di una donna che, dopo essere stata trasformata in strumento, si riprende il diritto di scegliere. Jennifer Lawrence domina ogni scena, in un’interpretazione che unisce fragilità, rabbia e controllo glaciale. Non è solo un thriller di spionaggio, ma un dramma sul corpo e sul potere, sulla manipolazione e sulla vendetta. E, soprattutto, è il film in cui Jennifer Lawrence si riprende, sullo schermo e fuori, tutto ciò che le era stato tolto.
Per prepararsi al ruolo di Dominika Egorova, Jennifer Lawrence ha affrontato un vero e proprio percorso di addestramento fisico e mentale. Prima ancora di indossare i panni della spia russa, l’attrice ha trascorso mesi interi a studiare danza classica sotto la guida di una coreografa professionista, per restituire con autenticità la grazia e la disciplina di una ballerina del Bolshoi. “Non volevo sembrare un’attrice che imita una ballerina – ha raccontato – dovevo diventarlo, almeno per pochi minuti.” Un impegno che si riflette nella prima parte del film, dove ogni gesto e postura di Dominika comunica la rigidità e la dedizione di chi ha fatto della perfezione una missione.
Le riprese di “Red Sparrow” si sono poi svolte interamente in Europa, tra Budapest, Vienna e Bratislava. Francis Lawrence ha scelto queste città per la loro architettura severa e le atmosfere fredde, capaci di evocare la Mosca post-sovietica senza dovervi realmente girare. I palazzi grigi, i corridoi gelidi e le piazze deserte conferiscono al film quella tonalità di ghiaccio che diventa il simbolo della solitudine e del controllo che permeano la storia.
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Una delle sequenze più forti e discusse del film è quella in cui Dominika, durante l’addestramento, è costretta a spogliarsi completamente davanti alla classe. La scena è stata girata in un solo giorno, su un set chiuso e con una troupe ridotta al minimo per garantire la massima privacy. “Tutti mi hanno fatto sentire a mio agio — ha dichiarato Lawrence — tanto che alla fine non volevo più coprirmi”.



