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Recensione. Skunk Anansie – “The Painful Truth”: un ritorno introspettivo e di grande qualità

Federico Falcone Posted On 11 Giugno 2025
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Dopo nove, lunghi, anni di silenzio discografico, gli Skunk Anansie tornano con “The Painful Truth”, pubblicato il 23 maggio per FLG Records. Il settimo studio album della band guidata da Skin è un disco che non si limita a segnare il ritorno di uno tra i gruppi più iconici degli anni Novanta, ma rilancia con forza la loro rilevanza nel presente musicale, in barba a chi li dava per spacciati e parlava di loro declinando i verbi al passato. Dieci tracce, prodotte da David Sitek (già al lavoro con Foals e Yeah Yeah Yeahs), che confermano come l’evoluzione possa convivere con l’identità.

Lo aveva detto senza mezzi termini Skin: “Abbiamo fatto bei dischi, ma è passato tanto tempo da quando ne abbiamo fatto uno davvero grande. Questa è la dolorosa verità”. Un’autoanalisi tagliente, che ha spinto la band a ritrovarsi in una fattoria nel Devon post-pandemico per scrivere, suonare e ricostruire la propria essenza. Il risultato? Un album che, pur non rinnegando il passato, abbraccia con lucidità e coraggio un presente fatto di synth, strutture calibrate, richiami new wave e momenti lirici. Non aspettatevi il rock furioso degli esordi, gli Skunk Anansie sono cambiati e nel loro percorso evolutivo sono andati oltre quei canoni stilistici che li hanno resi famosi.

Il disco si apre con “An Artist Is an Artist”, primo singolo e manifesto programmatico: elettronica cesellata, ritmica pungente e un testo che rivendica il diritto all’arte senza limiti anagrafici. Subito dopo, “This Is Not Your Life” colpisce con un groove ipnotico e una melodia incalzante, una sorta di mantra motivazionale in chiave indie-rock. “Shame” è uno dei momenti più pop dell’album, una ballad moderna che gioca sul minimalismo e su un’atmosfera quasi sospesa, mentre “Cheers” alza il ritmo e si candida a diventare una delle hit estive della band: potente, ballabile, perfettamente calibrata. Una prima parte della tracklist che non spicca per originalità ma, in fondo, chi la chiede? Ma, soprattutto, da quando è un elemento indispensabile per giudicare una produzione discografica?

“Lost and Found” parte con un’intro a cappella e si sviluppa in crescendo, fondendo piano, elettronica e pathos che trova in Skin una narratrice perfetta. “Shoulda Been You”, invece, flirta con sonorità reggae e richiami ai Police, innestando momenti più ruvidi e chitarre in primo piano. C’è anche spazio per divagazioni funky-blues in “Fell in Love with a Girl”, dove il basso di Cass Lewis brilla come non mai, e per episodi più pop come “My Greatest Moment”, che si muove su un registro malinconico e riflessivo. La chiusura è affidata a “Meltdown”, una ballata orchestrale, delicata e romantica, che segna la fine del viaggio con una carezza malinconica. In “Animal” Skin dà il meglio di sé, liberando una potenza vocale che per certi versi mancava nelle altre canzoni.

Guardando oltre i confini tricolori possiamo dire che “The Painful Truth” è stato accolto con parziale entusiasmo dalla critica internazionale che ne ha sottolineato l’equilibrio tra introspezione e sperimentazione. Dall’Inghilterra agli Stati Uniti, passando per l’Italia (dove Skin mantiene da anni uno zoccolo duro di fan), il disco ha riportato gli Skunk Anansie sotto i riflettori in modo solido e credibile. Il lavoro di produzione è curatissimo, ma non sterilizza la carica emotiva del gruppo. Non è un album che cerca il singolo perfetto a tutti i costi, quanto piuttosto un progetto coerente, che vuole dire qualcosa.

Siamo davanti al miglior album della carriera degli Skunk Anansie? Certamente no, anche perché capolavori come “Post Orgasmic Chill” restano ineguagliati per impatto e innovazione. Ma “The Painful Truth” è davvero un signor disco: solido, coraggioso, ispirato. È una ripartenza vera, non un’operazione nostalgia. È una prova di maturità, di resilienza, di onestà creativa. E soprattutto, è un disco che si lascia ascoltare e riascoltare con piacere, perché dice qualcosa — a noi, e di loro.

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