Recensione. “Per te”: Edoardo Leo emoziona in una storia (vera) di cura e memoria
Nel 2021 l’undicenne Mattia Piccoli è stato insignito del titolo di Alfiere della Repubblica dal Presidente Mattarella “per l’amore e la dedizione con cui accompagna il padre Paolo, colpito da una precoce forma di Alzheimer”. Da questa vicenda reale nasce “Per te“, il nuovo film di Alessandro Aronadio, presentato alla Festa del Cinema di Roma e pronto ad approdare nelle sale dal 17 ottobre.
La storia raccontata da Aronadio non è un semplice biopic. È un racconto intimo e divertente sul filo della memoria, un film che sa accarezzare la vita con dolcezza e verità. Tra il padre Paolo (un intenso Edoardo Leo, anche coproduttore), il piccolo Mattia (Javier Francesco Leoni) e la madre Michela (una delicatissima Teresa Saponangelo) si disegna un legame profondo, fatto di sguardi, sorrisi e piccoli gesti quotidiani. È la celebrazione di un amore che resiste al tempo e all’oblio, la dimostrazione che la cura — più ancora della memoria — è ciò che ci tiene vivi.
“Certo che mi ricordo”: la lotta di Paolo contro l’oblio
“Certo che mi ricordo”: Paolo lo ripete come la formula di un incantesimo, come se la parola potesse trattenere ciò che la mente inizia a cancellare. Il film inizia infatti con una diagnosi spietata: Alzheimer precoce, con la prospettiva di perdere tutto nel giro di pochi mesi.
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“Per te” racconta questa tragica paura con una sensibilità rara. Paolo cerca il momento giusto per dirlo a suo figlio, ma quel momento non arriva mai. Rimanda continuamente, cercando di creare la migliore atmosfera: lascia il lavoro, fa saltare la scuola al bambino, organizza gite e sorprese, come se volesse riempire il tempo che resta di nuovi ricordi, più forti della malattia.
Ma come si dice a un figlio “Papà non sta bene”? Esiste un momento giusto per pronunciare quelle quattro semplici parole che renderanno tutto così spaventosamente reale? Come si fa, da genitore, a confessare di avere tremendamente paura?
Un diario tra amore e smarrimento
“Per te” prende la forma di un diario, in senso metaforico e materiale: è un flusso di appunti, voci fuori campo e immagini che si cancellano come frammenti di ricordi. Paolo scrive appunti per il sé smemorato del futuro, per non perdersi del tutto. Aronadio alterna momenti di grande realismo a lampi poetici: il cinema muto, gli effetti speciali che fanno visualizzare il disorientamento del protagonista, le paure che diventano allucinazioni sullo schermo.
Scrivendo le settimane successive alla diagnosi, Paolo tenta di insegnare al figlio undicenne tutto ciò che può, prima di dimenticarlo lui stesso: come fare la barba, annodare una cravatta, cucinare un piatto di famiglia, persino ridere del fallimento. Ogni gesto è un modo per dire “io ci sarò”, per lasciare un’impronta d’amore prima che il tempo la cancelli.
Tra dolcezza e paura: la vita che continua
Tra una VHS di Rocky, un peluche enorme, baci sotto la pioggia, gelati e risate a un funerale, questa famiglia trova la sua verità più profonda: la vita continua, anche quando tutto sembra sgretolarsi.
Questo film non indulge nel dramma, ma non finge nemmeno ottimismo. Ci sono litigi, pillole, esercizi per la memoria, ma anche sorrisi e giochi, perché la vita “non è mai solo tragedia o solo commedia” – come dice il regista.
Con Per te, Alessandro Aronadio firma forse il suo lavoro più maturo e commovente. Edoardo Leo è straordinario: intenso, fragile, vitale. La Saponangelo gli fa da contrappunto con una risata coinvolgente e una forza trascinante, mentre il giovane Javier Francesco Leoni regala spontaneità e dolcezza.
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E quando arriva il finale, spietatamente vero e struggente, quel che rimane allo spettatore è un’emozione autentica, mai manipolata, che continua a far commuovere anche dopo i titoli di coda.
Le parole di Alessandro Aronadio
In conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma, Aronadio ha raccontato di non aver voluto incontrare subito il vero Mattia e la sua famiglia, per mantenere una distanza rispettosa e uno sguardo libero. Il risultato è un film che intreccia vita e invenzione, verità e immaginazione, in un equilibrio precario e bellissimo.
“Ho cercato di tirare un filo tra tragedia e commedia — ha detto il regista — e aiutare i miei personaggi a restare in equilibrio su di esso. D’altronde la tragedia e la commedia sono sempre mescolate nella vita, solo nel cinema bisogna sempre scegliere. Questo film non parla di malattia, ma di memoria e di cura.”
E infatti “Per te” non è solo un film sul dimenticare, ma un inno al ricordare insieme, al farsi memoria l’uno dell’altro – o meglio l’uno per l’altro.



