Recensione. “La lezione” di Mordini: dubbi, segreti e tensione senza tregua
Presentato alla Festa del Cinema di Roma e in uscita in sala il 5 marzo, “La lezione” segna il ritorno di Stefano Mordini al thriller psicologico, adattando per lo schermo l’omonimo romanzo di Marco Franzoso. Protagonisti Matilda De Angelis e Stefano Accorsi, che tornano insieme dieci anni dopo Veloce come il vento, il film che rivelò il talento della De Angelis.
La trama
Elisabetta (Matilda De Angelis) è una giovane avvocata brillante, che in tribunale difende con successo il professore universitario Angelo Walder (Stefano Accorsi), accusato di violenza sessuale. La donna che lo aveva denunciato ritira improvvisamente le accuse, ammettendo di essersi inventata tutto per vendetta.
Quando, tempo dopo, il professore chiede a Elisabetta di rappresentarlo di nuovo — questa volta per fare causa alla Facoltà che lo ha reintegrato ma isolato — qualcosa si incrina. Nonostante la vittoria del precedente caso, Elisabetta questa volta non ce la fa. È stanca, nervosa, con lo sguardo che preannuncia una crisi di pianto imminente, incapace di concentrarsi. Perché rifiuta nuovi casi, pur avendo bisogno di soldi? Di cosa ha paura? Ha subito un trauma? Teme di essere scoperta per qualcosa? Ha visto qualcosa che la preoccupa?
Il dubbio come arma narrativa
Stefano Mordini costruisce un racconto in cui il dubbio diventa la vera chiave narrativa. Lo spettatore è trascinato in un vortice di ansie, paranoie e paure, lo spettatore impara presto a dubitare di tutto.
Anche la protagonista dubita di se stessa: non perché non sia convinta, ma perché non è ascoltata. Viene continuamente tranquillizzata dagli uomini che la circondano, ma mai effettivamente rassicurata. Perché, come accade spesso nella realtà, sembra che a una donna forte come Elisabetta certe cose non possono succedere.
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“La lezione” si trasforma così in un’indagine sulla percezione, sulla colpa e sull’impossibilità di distinguere con chiarezza la verità. Ogni scena aggiunge un nuovo livello di ambiguità e di tensione, lasciando lo spettatore in bilico tra ipotesi contraddittorie. Cosa è successo davvero a Elisabetta? E cosa sta accadendo ora? Chi dice la verità? Cosa è reale, e cosa solo immaginato? Ma soprattutto: chi è la vittima e chi il carnefice?
Lo sguardo inquieto di Mordini
La fotografia cupa e le musiche creano un costante stato di tensione. Mordini gioca con lo sguardo dello spettatore: non ci si può fidare di nessuno dei personaggi, e neppure di ciò che la regia decide di mostrare.
Le inquadrature attraverso finestre e porte, dall’alto come telecamere di sorveglianza o di spalle ai protagonisti, amplificano la sensazione di essere contemporaneamente osservatori e osservati.
Il montaggio serrato, i primi piani e i dialoghi quasi sussurrati costruiscono un crescendo di ansia, fino a un finale volutamente sospeso, che lascia tante le domande.
Trieste, città del vento e dell’ambiguità
Girato a Trieste, “La lezione” trova nella città mitteleuropea la cornice ideale per la propria freddezza emotiva e i suoi silenzi carichi di tensione.
“Volevo portare il libro più al nord – spiega Mordini – in un luogo dove la freddezza e la cortesia dei rapporti spesso nascondono la verità. Volevo una città mitteleuropea, per un’Italia che si proietta verso fuori. Luci, ambienti, contenuti e il vento come elemento di disturbo non solo scenico ma anche psicologico.”
Il vento, la bora, diventa così un elemento non solo scenico ma anche psicologico: un disturbo costante, un rumore che svela e insieme confonde.
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Il polàr secondo Mordini
Secondo il regista, “La lezione” è più un polàr (neologismo francese nato dalla fusione dei termini poliziesco e noir) che un thriller: un racconto che si costruisce sull’attesa e sull’ascolto, sulla somma di indizi psicologici più che sugli eventi.
Il rapporto tra l’Avvocata e il Professore (così si riferiscono l’uno all’altra) resta ambiguo, pieno di sfumature e di segreti che non trovano mai una risposta definitiva.
Il film richiama atmosfere e tensioni di opere come “La morte della fanciulla” o “Niente da nascondere“, ma trova una propria identità nel modo asciutto e controllato con cui Mordini maneggia il dubbio e il trauma.
Quando la verità non basta
“La lezione” è un thriller di grande eleganza formale, un film che parla di fiducia, potere e colpa senza mai semplificare. Ogni immagine, ogni silenzio diventa parte di un racconto che interroga lo spettatore, lo costringe a guardare, ma a non credere a tutto ciò che vede.



