Recensione. “Il Nibbio”: la storia di Nicola Calipari nel film di Alessandro Tonda

Finalmente arriva su Netflix “Il Nibbio“, uno dei migliori film italiani degli ultimi anni. Il regista Alessandro Tonda firma un’opera che colpisce per la sua essenzialità, profondità e umanità. Uscito nelle sale italiane lo scorso 6 marzo, in coincidenza con il ventesimo anniversario della morte di Nicola Calipari, è da poco uscito anche sulla celebre piattaforma streaming. Il protagonista è Claudio Santamaria, che scompare letteralmente nel corpo e nella mente di Nicola Calipari, dirigente del SISMI, uomo di Stato, marito e padre. Accanto a lui, Sonia Bergamasco (che veste i panni di una Giuliana Sgrena) e Anna Ferzetti, perfetta nel ruolo di Rosa Calipari, moglie forte e silenziosa che rappresenta il peso quotidiano di una famiglia lasciata spesso sola dall’impegno istituzionale.
Il 4 marzo 2005, a Baghdad, Nicola Calipari venne ucciso da fuoco “amico” americano mentre riportava in salvo Giuliana Sgrena, giornalista de “Il manifesto“, rapita 28 giorni prima da un gruppo armato. Calipari, capo missione per la trattativa, aveva negoziato il rilascio senza mai cedere alla tentazione del blitz, optando per la via della mediazione, della costruzione paziente di fiducia, dell’ascolto come strumento operativo. “Il Nibbio” non è solo un thriller ma è la cronaca di 28 giorni in cui un uomo porta sulle spalle il peso di una vita. Da un lato la missione segreta a Baghdad, dall’altro la vita domestica con moglie e figli, quasi parallela, spesso in conflitto. La sceneggiatura (firmata da Sandro Petraglia, Davide Cosco e Lorenzo Bagnatori) costruisce un doppio binario perfetto con l’azione diplomatica da un lato e la fragilità affettiva dall’altro.
Vediamo Calipari interagire con colleghi diffidenti, con americani poco collaborativi e con la rete di informatori locali. Ogni passo è calibrato ed ogni parola è scelta. Si muove come un uomo in equilibrio su un filo, consapevole che un errore può costare la vita di un’ostaggio o la sua. La storia si prende anche il tempo di osservare Giuliana Sgrena, chiusa nella stanza della prigionia come in una dimensione interiore claustrofobica. E qui, va detto, Sonia Bergamasco offre una performance impeccabile. Nessuna spettacolarizzazione del trauma, solo il lento e straziante deposito della paura sul corpo.
La politica ufficiale, i proclami, le conferenze stampa non esistono. Berlusconi appare di spalle, come un’ombra ingombrante e muta, simbolo eloquente di una leadership spesso più interessata a mostrarsi che ad agire. “Il Nibbio” è un film che andrebbe proiettato non solo nelle scuole, ma anche nelle aule di negoziazione, nei corsi di leadership, nelle aziende che parlano di “soft skills” senza saperne il significato. Calipari è l’esempio di una leadership silenziosa ma ferma, che media senza cedere, che ascolta per comprendere e non per rispondere.
È anche un film che ci ricorda che la diplomazia può essere più efficace della forza, e che un uomo può essere grande anche quando nessuno lo applaude. Il film di Tonda è un racconto sobrio, un atto di rispetto e un gesto d’amore verso un uomo che ha creduto nella possibilità di fare il bene nell’ombra. Ed è proprio per questo che merita di essere visto, discusso e custodito.