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Recensione. “Dracula – L’amore perduto”: Luc Besson trasforma il mito in una storia d’amore immortale

Sara Paneccasio Posted On 24 Ottobre 2025
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“Dio mi ha dato anche l’amore: potrà mai biasimarmi se non posso vivere senza?“

La Festa del Cinema di Roma ha ospitato l’anteprima italiana di “Dracula – L’amore perduto” (“Dracula – A love tale” in lingua originale) di Luc Besson, che sarà al cinema dal prossimo 29 ottobre.

Il regista francese firma un nuovo adattamento del romanzo di Bram Stoker, a distanza di oltre trent’anni dalla pluripremiata versione di Ford Coppola con Winona Ryder e Gary Oldman.

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Pur affidandosi a spettacolari effetti speciali, Luc Besson elimina il contorno fantastico nella storia di Dracula e si concentra sulla storia d’amore. Spiega infatti:

“Il libro in sostanza è una storia d’amore, ma all’epoca della sua uscita la gente era affascinata dalla dimensione fantastica e dalla sete di sangue. Nel corso del tempo il personaggio è diventato un mostro mitico. Per me, tuttavia, la narrazione resta in primis una storia d’amore su un uomo in grado di aspettare 400 anni per rivedere l’unica donna che ama e che gli è stata tolta da Dio. Da quel momento ho voluto scrivere la sceneggiatura, senza necessariamente avere intenzione di occuparmi anche della regia, ma dopo un po’ mi sono appassionato al copione e mi sono detto che l’avrei girato io.“

La trama

1400, Est Europa. Un carillon nella camera di un castello dà inizio all’ultima notte di passione tra il Principe Vlad (Caleb Landry Jones) e la sua Elisabeta (Zoë Bleu), prima che lui parta in guerra contro gli Ottomani. Al vescovo che lo benedice per una guerra a difesa di Dio, il principe chiede una cosa in cambio: che sua moglie venga risparmiata, perché non potrebbe vivere senza il suo amore. Quando Vlad vince la battaglia e esibisce le teste dei soldati nemici impalate sulle lance, scopre che sua moglie ha subito un agguato ed è fuggita verso il pericoloso “bosco dei lupi”. Vlad corre a salvarla, ma arriva troppo tardi: Elisabeta muore tra le sue braccia. Fuori di sé per la disperazione, il principe aggredisce il vescovo che lo aveva benedetto e lo pugnala con il suo crocifisso in oro, mentre quello appeso alla parete piange lacrime di sangue. Così il principe rinuncia a Dio, condannandosi alla perdizione eterna.

Quattrocento anni dopo a Parigi un prete (Christoph Waltz) esperto in vampiri viene convocato nell’Hôtel-Dieu, il manicomio diretto dal Dottor Dumont (Guillaume De Tonquedec), nei cui sotterranei è incatenata una sposa dai lunghi capelli rossi. Si tratta dell’italiana Maria (una superlativa Matilde De Angelis), che durante le nozze con il pronipote della Regina Elisabetta d’Inghilterra, ha avuto una crisi violenta vedendo entrare un vescovo. Il prete spiega come l’eccitazione sessuale, l’allergia ai membri del clero, la cicatrice sul collo e i canini sporgenti siano segni evidenti della trasformazione in vampiro. L’euforica Maria annuncia che presto arriverà “il Principe”, il suo padrone alla ricerca della sua principessa.

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Nel frattempo Jonathan (Ewens Abid), un giovane avvocato, arriva presso il castello del Conte Dracula, accompagnato da uno spaventato cocchiere che gli affida il suo crocifisso per proteggerlo. Nel castello vive in solitudine il principe Vlad, incredibilmente invecchiato e con lunghissimi capelli bianchi avvolti in una curiosa acconciatura che ricorda il colletto tipico del vampiro nell’immaginario comune. Con le sue lunghe dita nodose, grigie e della lunghe unghie ingiallite sposta gli oggetti e chiude porte senza toccarli. Nel suo castello infatti non c’è personale umano, bensì solo gargoyle (sì, come quelli di Notre Dame de Paris) al servizio del principe. Presto l’avvocato si ritrova appeso a testa in giù: il vecchio vampiro gli annuncia che lo ucciderà per nutrirsi del suo sangue, ma gli concede ironicamente un ultimo desiderio. Il giovane lo sorprende chiedendogli di raccontargli la sua storia. Solo alla fine del racconto, implora di essere risparmiato per poter sposare la sua amata Mina (Zoë Bleu)… che somiglia incredibilmente alla Principessa Elisabeta.

Una storia d’amore

Vlad: “Dio potrà perdonarci per esserci amati così tanto?“
Elisabetta: “Dio è amore. E se non ci perdonerà, che vada all’inferno“

Il titolo originale del film di Besson è “Dracula – A love tale“. Nonostante il titolo italiano “-L’amore perduto” non si allontani molto dal significato, una traduzione fedele (“Un racconto/storia d’amore”) sarebbe stata perfetta: come dichiarato anche dal regista, l’amore è davvero al centro del film. Nell’adattamento di Luc Besson non ci sono navi, fantasmi, tre mogli nel castello o omicidi “insensati”.

Il principe Vlad impersonato da Caleb Landry Jones è particolarmente carismatico e umano, a cui non piace necessariamente fare la guerra: combatte nel nome di Dio, ma preferirebbe stare con sua moglie. Dichiara infatti: “Sarà una battaglia sanguinosa – è veramente la volontà divina?” Non capisce perché gli sia imposto di ricorrere così tanto alla violenza e alla morte, ma lo fa in nome di Dio. Comprensibilmente, al ritorno dalla guerra si sente tradito.

Quando invece si trasforma in un vampiro diventa in realtà una sorta di dandy esteta disperatamente innamorato, che forma un esercito di vampire – sfruttando un’arma segreta prodotta a Firenze esclusivamente per lui – ma soloper raggiungere il suo obiettivo. Non è assetato di sangue e non agisce per pura crudeltà: si pensi che inizialmente ha un aspetto così terribile perché, da quando ha rinunciato a viaggiare nel mondo per cercare la reincarnazione della sua Elisabeta, non si è più nutrito di sangue umano. Afferma il regista: “Nel romanzo si trasforma in un pipistrello o un licantropo, in fumo verde o in un ratto… ma a me pareva che questi poteri soprannaturali non lo rendessero affatto più interessante. Non volevo un personaggio con i superpoteri in stile americano, ma con alcune capacità che fossero plausibili. Allo stesso modo, dato che non può teletrasportarsi in un qualsiasi luogo del mondo, uIlizza un escamotage (il profumo) per attirare a sé le giovani fanciulle.“

Un vampiro a Parigi

“Nel romanzo – spiega Luc Besson – c’era un problema al momento della partenza del prete in cerca di Dracula: per arrivare in Inghilterra, avrebbe dovuto viaggiare su una nave e poi su un treno, e questo comportava numerosi intoppi logistici che avrebbero appesantito la mia narrazione. Collocando invece Dracula nell’Europa continentale, lo si può far ripartire a cavallo, mentre gli altri possono prendere il treno per inseguirlo. Era molto più logico e coerente. Gli inglesi non si preoccupano se trasformano Les Misérables in un musical, quindi perché io mi sarei dovuto preoccupare perché spostavo Dracula a Parigi? (ride, ndr)
L’altra cosa che mi interessava è la data del 14 luglio 1889: è il centenario della Rivoluzione e Parigi lo festeggia. Tutte le traiettorie dei personaggi si incrociano in quel momento, e questa è stata una fonte incredibile di entusiasmo e dinamismo. Tale contesto serviva anche a spiegare perché un vampiro potesse passare inosservato a Parigi: la polizia e la popolazione erano impegnate in altre faccende. Mi piace questa escalation, come una sinfonia che culmina nel climax: Mina è scomparsa, Dracula è sulla scena, il prete non sa dove cercarlo e c’è un’energia che mi piace molto. E tra coloro che conoscono la mia filmografia non sarà sfuggito a nessuno che amo Parigi!“

(continua sotto la foto)

La regia di Luc Besson

“Quello che mi ha sbalordito quando ho riletto il romanzo” racconta il regista “è stata la confusione che si percepiva sapendo che il protagonista sopravvive solo per ritrovare sua moglie, ma vive con tre ninfe nel suo castello e, quando arriva a Londra, seduce la migliore amica di Mina. Come può essere così sicuro di sé, in grado di aspettare 400 anni per rivedere la donna che ama appassionatamente, e intanto vivere con tre donne in casa? Per me era importante definire i suoi sentimenti in modo più chiaro.“

Luc Besson restituisce a Dracula una nuova nobiltà d’animo, fondendo tragedia e lirismo. L’impatto visivo e sonoro è straordinario: le musiche di Danny Elfman elevano la storia d’amore ad un mito solenne, i costumi di Corinne Briand (oltre 2000!) affascinano, mentre le coreografie assumono la forza visiva di veri e propri quadri in movimento. La fotografia di Colin Wandersman costruisce un universo sospeso tra realtà e sogno, mentre le scenografie di Hugues Tissandier sottolineano l’atmosfera gotica del racconto.

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Anche tra solennità e pathos, Besson non rinuncia mai alla sua ironia e al suo sguardo critico: “La storia – dice – è molto potente a livello emotivo e ho pensato che sarebbe stato utile alleggerirla.”

Besson dedica una cura quasi scultorea ai corpi e molta attenzione all’importanza delle mani e della pelle, come se in essi fosse custodita la memoria del cuore. Nulla è lasciato al caso, nemmeno le chiome degli attori, curate come estensioni dell’anima dei personaggi.

Matilda De Angelis: una delle sue migliori interpretazioni

Non ce ne vogliano Besson e l’intero cast internazionale, se dedichiamo la conclusione di questa recensione ad un elogio dell’interpretazione della “nostra” Matilda De Angelis, ottima nei panni della vampira Maria.

La Lucy Westerna del romanzo diventa, all’interno del film di Besson, una vampira (già trasformata) che proviene da Bologna e sta per sposare un lontano parente della regina inglese. Trasformata da Vlad durante un ballo a Versailles, quasi un secolo dopo è proprio lei a trovare la reincarnazione di Elisabeta in Mina (la fidanzata dell’avvocato) e solo dopo questa scoperta ne diventa la miglior amica, per offrire al suo padrone di avvicinarla. Matilda De Angelis interpreta così una donna eccentrica, euforica, imprevedibile, eccitata, folle. Il tutto mescolando tre lingue – la versione originale del film permette di godere a pieno del talento della De Angelis. Insomma, è semplicemente superba.

“Per Maria” racconta il regista “ho visto un video-provino di Matilda De Angelis e sono stato rapito dalla sua voce leggermente spezzata. Quando l’ho conosciuta, quello che mi è piaciuto subito di lei è stato che mi ha ascoltato parlare del film con la massima attenzione, senza intervenire molto e senza dare l’impressione di farlo. Ho notato che questa è una caratteristica degli attori davvero bravi. Le ho chiesto se era cosciente della difficoltà del ruolo e lei ha risposto: “Sì, credo che sarà dura”. La sua lucidità mi ha rassicurato. Nel film deve piangere, ridere e gridare recitando accanto al vincitore di due Oscar. Era davvero sotto pressione, soprattutto perché stava girando due film allo stesso tempo, il mio e Fuori di Mario Martone (che è stato selezionato a Cannes quest’anno).“

(continua sotto la foto)

Per Matilda De Angelis “È stato un regalo: ero molto nervosa e spaventata all’idea di incontrare uno dei miei miti assoluti e speravo di continuare ad amarlo come prima, ma adesso lo amo anche di più! È stato bello potersi affidare ad un regista che mi ha promesso che mi avrebbe portata dove voleva che io arrivassi in scena. Luc è un artista, un visionario: è stato un onore poter essere una creatura della sua immaginazione perché è una cosa che non avrei mai pensato che potesse accadermi. Ho condiviso il set con degli attori e un attrice straordinari, quindi devo dire che è stata proprio una bella estate!”

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