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Recensione. “Allevi – Back to Life”: il mieloma trasformato in musica

Sara Paneccasio Posted On 19 Ottobre 2025
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In anteprima assoluta alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Special Screening, è stato presentato “Allevi – Back to Life“, il docufilm diretto da Simone Valentini e scritto insieme a Giovanni Allevi e Giovanni Amico. Un racconto intimo, lirico e discreto, che accompagna il celebre compositore nel suo ritorno alla musica dopo la lunga battaglia contro il mieloma multiplo.

Guidato dalla voce dello stesso Allevi, il film intreccia musica, fragilità e rinascita personale, alternando materiali in presa diretta — prove, concerti, momenti di quotidianità tra ospedale e fisioterapia — a immagini d’archivio e ricostruzioni dal taglio cinematografico. Al centro, la creazione del “Concerto per Violoncello e Orchestra MM22“, composto in ospedale durante la degenza oncologica: una partitura nata dal dolore e trasfigurata in inno alla vita.

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“È un inno alla vita, un inno alla gioia di vivere”, dice Allevi nel film. “È il tentativo di cogliere la luce anche nel buio, la voglia — come direbbe un poeta giapponese — di vedere i fiori anche se stiamo camminando sull’inferno.” Una frase che condensa la poetica del docufilm, sospesa tra consapevolezza e leggerezza, tra dolore e gratitudine.

La struttura

“Allevi – Back to Life” segue l’artista dalla diagnosi (2022) al ritorno sul palco con il tour Piano Solo e la direzione del concerto “MM22” (2024). Ogni gesto quotidiano diventa conquista: camminare, muovere le mani, suonare di nuovo. Valentini costruisce la narrazione su un doppio binario temporale – il presente della rinascita e il passato rievocato – che restituisce il percorso umano e artistico del musicista.

Le testimonianze di colleghi e familiari compongono il ritratto di un “eroe gentile”, come lo definiscono nel film: un uomo che ha saputo mantenere il sorriso anche quando la sofferenza fisica ne minava la forza. “Spero che il mio dolore e la mia paura non vadano a inficiare questo mio sorriso,” dice Allevi. “Voglio mantenerlo vivo.”

Se la prima parte del film delinea il ritratto dell’artista, la seconda mostra il paziente oncologico che continua a cercare la bellezza. Valentini non indulge nella retorica, ma lascia che sia la musica a parlare. Il film non racconta una “malattia come opportunità”, bensì il lento ritorno di un corpo e di una mente che non rinunciano alla creazione.

Stile e linguaggio visivo

Lo sguardo del regista è partecipe ma mai invasivo. La camera a spalla segue Allevi tra ospedale, fisioterapia e sala prove, cogliendo momenti autentici di fragilità e concentrazione. Le interviste, girate in luce naturale, restituiscono una verità sobria, priva di enfasi. Le testimonianze degli amici scorrono fuori campo, mentre Allevi guarda dritto in macchina, instaurando con lo spettatore un contatto diretto e sincero.
Il concerto finale, ripreso con taglio cinematografico, diventa una vera esperienza immersiva, in cui la musica assorbe ogni parola e la regia si fa invisibile, quasi in punta di piedi.

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Il mieloma in musica

Durante il periodo più difficile della malattia, debilitato dalle cure e dal dolore, Allevi trova rifugio nella composizione. Sul letto d’ospedale, con un computer sulle ginocchia, trasforma la parola mieloma in melodia: sette lettere che diventano sette note — Do, La♭, Mi, Si, Re, Do, Do — secondo un procedimento usato da Bach.
“Il mio mieloma è diventato musica,” racconta nel film. “Da una malattia terribile è nata una melodia bellissima.” Il risultato è una frase musicale dolce e struggente, che incarna l’essenza della sua filosofia: non negare la sofferenza, ma restituirle forma, ritmo, armonia. La composizione MM22 non è un gesto di distacco, ma di accettazione. E accettare, come precisa Allevi, non significa arrendersi.

La cura delle note e delle parole

Nel documentario emerge una visione lucida e mai consolatoria: Allevi riconosce di essere vivo grazie alla ricerca scientifica e ai nuovi farmaci, ma crede anche nella “cura delle parole, della musica e dell’anima”. La sua riflessione tocca la filosofia più che la medicina: la positività e l’immaginazione non sono fuga, ma atti di resistenza. Ogni nota, ogni silenzio diventa parte di un percorso in cui il corpo e lo spirito si riconciliano. La malattia non è sublimata, ma affrontata con la forza quieta di chi sceglie di suonare comunque.

Un ponte tra scienza e umanità

“Allevi – Back to Life” è anche un progetto sostenuto da Gsk, che ha creduto nel valore del racconto e nel potere del cinema di avvicinare la scienza alle persone. “Un’azienda è fatta di persone, che non sono solo il loro lavoro, ma tutto ciò che le rende uniche: passioni, paure, sogni, fragilità. A volte anche una malattia oncologica” afferma Fabio Landazabal, presidente e amministratore delegato di Gsk Italia.

“Per noi – sottolinea Landazabal – sostenere questo progetto significa credere nel potere dei linguaggi che emozionano, parlano al cuore prima che alla mente. Il cinema ha la straordinaria capacità di raccontare la ricerca, la prevenzione, la forza della medicina in modo universale. È un ponte tra la scienza e le persone. La storia di Giovanni Allevi è una testimonianza di rinascita: la cura è fatta di farmaci, ma anche di parole, di abbracci, di coraggio condiviso.”

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Il film di Simone Valentini è la cronaca di un ritorno, certo, ma soprattutto un atto di fedeltà alla musica — intesa non come mestiere, ma come ragione di vita. Quando Allevi torna a suonare, non celebra la guarigione, ma la possibilità stessa di esserci, di ascoltare e di condividere.

(Fonte foto: Festa del Cinema di Roma)

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