Live Report. I Judas Priest infiammano Ferrara con il loro “Shield of Pain Tour”

Ferrara ha tremato ma non per una scossa sismica, bensì per un’onda d’urto sonora che ha investito Piazza Ariostea in pieno: i Judas Priest hanno dato sfoggio a tutta la forza del loro “Shield of Pain Tour” in occasione dell’unica data tricolore della band britannica. Un unico, potentissimo show per celebrare i 35 anni di “Painkiller” e, al tempo stesso, ribadire la potenza dell’ultimo capitolo discografico, “Invincible Shield”. Una dichiarazione d’intenti in un ponte tra passato e presente per dire che i Priest sono ancora più inossidabili del miglior metallo.
Ad aprire le danze sono i mitici Warlord, che con la loro estetica epica e una scaletta basata sui pezzi storici, hanno risvegliato gli spiriti degli anni d’oro. L’atmosfera era già rovente (in tutti i sensi) e il pubblico ha accolto la band californiana come si accolgono i veri pionieri: a pugni alzati e smanicati di jeans ultracontaminati dal sudore delle temperature tropicali di una giornata particolarmente afosa. Subito dopo, a salire sono sul palco, sono stati Phil Campbell and the Bastard Sons che hanno alzato ancora di più l’asticella. L’ex chitarrista dei Motörhead ha sfoderato una serie di bordate rock’n’roll tra brani originali e omaggi a Sua Maestà Lemmy, traghettando il pubblico in quel limbo glorioso tra nostalgia e pura esaltazione. Ma lasciatecelo dire: i Motorhead mancano tantissimo.
Poi, il buio. Dopo qualche secondo di silenzio, rotto dalla cover appena uscita di “War Pigs” (un omaggio doveroso ai Black Sabbath e ad Ozzy, usato come intro teatrale per l’arrivo dei sacerdoti del metallo) e Rob Halford e soci salgono sul palco. Halford, in forma maestosa, ha dominato la scena con una presenza scenica tale da sfiorare il mistico. Un God of Metal, appunto. Oppure un metal gods. La sua voce, tagliente e minacciosa è ancora capace di salire dove pochi osano. La scaletta è stata un colpo al cuore per ogni fan: sette brani estratti da Painkiller, per festeggiare l’anniversario di un album fondamentale, ma anche pezzi nuovi che hanno già conquistato un posto nel cuore degli appassionati. Gates of Hell ha ricevuto un’accoglienza da instant classic. E la chiusura? Da brividi: Electric Eye, Hell Bent for Leather (con tanto di moto sul palco, ça va sans dire) e Living After Midnight. Tre colpi di cannone per salutare un pubblico in estasi.
Il suono era cristallino, potente, senza sbavature. Un mix perfetto per esaltare ogni dettaglio: il drumming infallibile di Scott Travis, il basso granitico di Ian Hill, le chitarre taglienti e complici di Tipton e Faulkner, che si rincorrevano in assoli degni della leggenda. Nessuna polemica, nessun inciampo: solo pura energia, pura fede metallica. Davanti a un pubblico da cinquemila persone, Ferrara è diventata, per una sera, il cuore pulsante dell’heavy metal. E il Ferrara Summer Festival si conferma una delle rassegne più infuocate dell’estate, già segnata dai passaggi di Massive Attack, Lynyrd Skynyrd e, tra poco, anche Tananai (vabbè, a noi che ci frega).
SETLIST
- All Guns Blazing
- Hell Patrol
- You’ve Got Another Thing Comin’
- Freewheel Burning
- Breaking The Law
- A Touch of Evil
- Night Crawler
- Solar Angels
- Gates of Hell
- Battle Hymn
- One Shot at Glory
- The Serpent and the King
- Between the Hammer and the Anvil
- Giants in the Sky
- Painkiller
- The Hellion
- Electric Eye
- Hell Bent for Leather
- Living After Midnight