L’intervista a Silvia Iarussi: Uppennino Cinecamper, il cinema arriva nelle piazze

Lo scorso 20 giugno è cominciato il viaggio di Uppennino Cinecamper con cui CinemAbruzzo porta il cinema nei piccoli comuni dell’Appennino abruzzese: un viaggio che unisce film, attivazione culturale e reti locali portando in tour laboratori partecipativi e proiezioni sotto alle stelle, per costruire e raccontare storie sul e del territorio.
Agli albori della sua storia, il cinematografo era una meraviglia tecnologica che veniva portata in tour fuori dalle città, unendo le comunità locali intorno al fascio di luce del proiettore. Esattamente come succede ora con Uppennino Cinecamper, ideato da Paolo Santamaria, il primo festival cinematografico itinerante nei piccoli comuni dell’Appennino pensato per valorizzare i territori delle aree interne e a rischio marginalizzazione (Aree SNAI), con l’obiettivo di ripensare lo spazio culturale di quei luoghi, valorizzando il potenziale delle comunità e sperimentando nuovi modi di fare cultura, insieme.
Abbiamo avuto il piacere di scoprire di più su questo ambizioso progetto, intervistando la coordinatrice Silvia Iarussi.
L’intervista
Iniziamo con un po’ di storia: come è nato il progetto Uppennino?
Il progetto Uppennino Cinecamper ha radici lontane. Nasce da un’idea del regista e responsabile scientifico Paolo Santamaria diversi anni fa, come risposta creativa e culturale allo spopolamento e all’isolamento delle aree interne. Quest’anno, con il progetto Uppennino feat Arcipelago, finanziato da ActionAid International Italia ETS e Fondazione Realizza il Cambiamento nell’ambito del progetto “The CARE – Civil Actors for Rights and Empowerment” cofinanziato dall’Unione Europea, il festival ha finalmente preso forma concreta. A rendere possibile il viaggio sono state anche Francesca Manfredi e Giuliana Giacomino, che con il loro camper hanno sposato appieno la visione, portandola “a terra” — anzi, su strada.
Come mai avete scelto proprio un camper? Cosa vi ha ispirati?
Il camper non è stato solo una scelta logistica, ma un simbolo. Volevamo che il mezzo che ci avrebbe permesso di muoverci tra i borghi fosse anche il protagonista del festival: un piccolo cinema ambulante, una casa viaggiante, un ponte tra storie e comunità. È il nostro modo di raccontare il territorio restando in movimento, adattandoci ai luoghi, incontrando le persone dove vivono. E poi, diciamolo: c’è qualcosa di profondamente poetico in un cinema che arriva a sorpresa, parcheggia in una piazza e trasforma la quotidianità in un’esperienza collettiva.
Ad oggi quali zone ricopre il vostro progetto? Come si pone Uppennino nel panorama nazionale?
Le dieci tappe di Uppennino Cinecamper attraversano borghi che rientrano in un progetto più ampio, Uppennino feat Arcipelago, coinvolgendo Comuni appartenenti alle quattro aree SNAI delle aree interne d’Abruzzo. Ma la nostra ambizione è più grande: vogliamo costruire una rete culturale che percorra tutto l’Appennino, da nord a sud. Questo è solo il primo passo. In un panorama nazionale che spesso dimentica i piccoli centri, Uppennino si pone come un progetto culturale di prossimità, che parte dal basso e mette al centro l’ascolto e la relazione.
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Come sono stati scelti i film?
I cortometraggi proiettati nascono all’interno del CinemAbruzzo Campus, un progetto ideato e curato da noi, che da anni si svolge a Forme di Massa d’Albe, nel cuore delle aree interne d’Abruzzo. Durante il campus, che è una vera e propria residenza artistica, selezioniamo registi e registe da tutto il mondo e li invitiamo a vivere per un mese immersi nel territorio, a stretto contatto con la comunità locale. Ne nascono corti originali, girati in loco, che raccontano storie autentiche ispirate alla quotidianità, alle fragilità e alla forza dei luoghi e delle persone che li abitano. Si parla di spopolamento, migrazione, marginalità, ma anche di legami, memoria e resistenza. I film sono diretti da Paolo Santamaria, prodotti da The Factory e distribuiti da Red Couch Picture.
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Ogni appuntamento di Uppennino non prevede solo la proiezione del film, ma un vero e proprio “laboratorio” con il pubblico. Spieghiamo di cosa si tratta ai nostri lettori?
Esatto. Il nostro è un cinema che ascolta. Prima della proiezione, proponiamo due laboratori partecipativi per rompere il ghiaccio e creare un contatto autentico con la comunità.
Il primo si chiama “Il territorio che siamo”: usiamo carte evocative, le carte Dixit, per chiedere alle persone di rappresentare il proprio rapporto con il territorio. Scegli una carta, la racconti, condividi un pezzo di te. È un esercizio potente di ascolto collettivo.
Il secondo laboratorio è “La mappa emotiva del territorio”: una grande mappa del paese viene affissa al centro dello spazio e le persone, con post-it di diversi colori, indicano i luoghi che amano, quelli da valorizzare, quelli che li feriscono. Alla fine si apre un confronto che spesso fa emergere memorie, desideri e anche possibili visioni future.
Come sta reagendo il pubblico marsicano?
Il pubblico marsicano sta rispondendo con una partecipazione viva, sincera, commovente. Siamo felici e grati per tutto quello che stiamo vivendo, per ciò che lasciamo nei luoghi che attraversiamo, ma soprattutto per quello che ci riportiamo a casa ogni sera. Le persone ci raccontano molto, si fidano e ci accolgono con una cura che ci motiva ogni giorno di più.
E i più giovani sono attratti da questo format? Portare film indipendenti nelle piazze può avvicinarli maggiormente al mondo del cinema?
È uno dei nostri obiettivi, anche se dobbiamo essere onesti: nelle aree interne, i giovani sono sempre meno e questa è una delle sfide più grandi che ci troviamo ad affrontare. Ma chi partecipa, spesso lo fa con entusiasmo e curiosità. Il nostro cinema non parla di storie lontane: racconta ciò che vivono davvero, nel presente. Le difficoltà di restare, le partenze forzate, la voglia di riscatto, la solitudine e la bellezza dei luoghi. Portare queste narrazioni in piazza può davvero avvicinarli al cinema, perché si sentono coinvolti, riconosciuti, protagonisti.
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Nell’anno scolastico appena concluso gli studenti abruzzesi sono stati protagonisti del progetto CinemAbruzzo Kids & Teens: come è andata? Ci saranno altre edizioni?
L’esperienza di CinemAbruzzo Kids & Teens ci ha riempito di orgoglio. Abbiamo coinvolto oltre 2.000 studenti di 23 scuole delle aree interne abruzzesi, portando il cinema tra i banchi in modo vivo, partecipato, emozionante. È stato un privilegio ascoltare il loro punto di vista, scoprire la loro creatività, vedere nascere corti, videopodcast e storie originali a partire da laboratori didattici e momenti di confronto autentico. Un progetto virtuoso, che ha arricchito anche noi.
Con gioia e determinazione abbiamo ripresentato la candidatura al bando promosso da MiC e MIM, iniziativa realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola. Molte scuole hanno confermato la loro partecipazione e tante altre si sono aggiunte. Questo ci dà la forza di andare avanti, con l’obiettivo di rendere il cinema uno strumento educativo, inclusivo e trasformativo, sempre più radicato sul territorio.
A proposito di bilanci… Nei prossimi giorni l’Uppennino Cinecamper raggiungerà altre piazze marsicane, ma possiamo iniziare a sbilanciarci: quali sono le difficoltà che avete incontrato in questo percorso? Pensate di poter migliorare qualche aspetto per il futuro?
Le difficoltà non sono mancate, ma ogni sfida affrontata è diventata occasione di crescita. Forse la più grande è stata quella di coinvolgere i giovani adulti, i nostri coetanei – noi siamo tutti under 35 – che paradossalmente sono i più restii ad avvicinarsi a iniziative culturali come questa. Ma lentamente qualcosa si muove, grazie al passaparola, ai social, agli eventi in piazza: superiamo i confini dei singoli borghi e incontriamo sempre più persone curiose, attente, entusiaste.
Un’altra difficoltà riguarda la logistica: i sindaci ci hanno accolto con grande apertura ed entusiasmo, ma spesso sono sovraccarichi di impegni. Pensiamo che affiancarli con una figura delegata alla gestione culturale locale potrebbe fare la differenza, semplificando il coordinamento e dando ancora più forza ai progetti in corso.
La fiducia delle comunità, specie davanti a qualcosa di nuovo, va guadagnata con pazienza. Ma sentiamo che si sta consolidando e questo ci motiva ancora di più.
Infine una domanda un po’ più personale: quanto c’è di Silvia Iarussi in questo progetto? E cosa, invece, ti lascerà quest’esperienza?
C’è tutto. C’è Silvia in ogni scelta, in ogni relazione, in ogni sorriso condiviso con la comunità. C’è la voglia di ascoltare, di costruire insieme, di fare rete. Dopo 16 anni a Roma, sono tornata nel mio paese d’origine con il desiderio profondo di restituire qualcosa, di fare per la mia terra. E so di non essere sola in questo: siamo un gruppo giovane – insieme a Samuele Scartabelli, Francesca Manfredi, Giuliana Giacomino – che ci crede davvero e speriamo che chi ci incontra possa percepire questa forza.
Uppennino Cinecamper non è solo un progetto culturale: è un atto d’amore verso una terra che troppo spesso è stata raccontata solo attraverso la lente dello spopolamento o dell’abbandono. Ma noi la vediamo diversa: viva, complessa, piena di potenziale. Una terra che chiede solo di essere abitata con cura, visione e coraggio. Perché ogni cambiamento comincia da un passo. E passo dopo passo, anche il sentiero più difficile si apre alla possibilità.
