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Home » Arte Featured

L’arte ferita: quando i turisti danneggiano il patrimonio culturale

Sara Paneccasio Posted On 21 Giugno 2025
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Firenze, Galleria degli Uffizi. Nel tentativo di scattarsi un selfie, un turista inciampa rovinosamente davanti a un capolavoro esposto. Cade sul ritratto di Ferdinando de’ Medici, realizzato da Niccolò Cassana nel 1690, squarciando la tela nella zona del piede destro. L’opera, esposta nella mostra temporanea “Firenze e l’Europa: arti del Settecento”, viene subito rimossa e affidata ai restauratori. Il danno, per fortuna, è lieve. Ma l’episodio solleva una domanda ormai inevitabile: quanto può essere vulnerabile l’arte di fronte al turismo di massa?

Questo incidente riporta l’attenzione su un problema ricorrente: i danni causati dai visitatori – per distrazione, superficialità o eccesso di entusiasmo – alle opere d’arte di tutto il mondo.

L’arte sotto attacco

L’incidente avvenuto agli Uffizi si inserisce in una catena di episodi che, negli ultimi anni, hanno messo in evidenza la crescente vulnerabilità dell’arte, tanto nei confronti della distrazione turistica quanto dell’attivismo radicale.

Gli episodi di danneggiamento, siano essi volontari o frutto di incuria, si susseguono in una lunga e preoccupante catena. È celebre – forse proprio il più celebre – l’attacco alla Pietà di Michelangelo, colpita a martellate nel 1972 dal geologo László Tóth che dichiarò di essere il Cristo; la Madonna di Michelangelo ne uscì con il naso rotto, senza un occhio e l’avambraccio sinistro, con tanto di mano staccata e dita spezzate.

Leggi anche: Recensione. “Giotto – 7 caffè su un altro pianeta” di Farge: rabbia, sesso e redenzione a piccoli sorsi

Ma non mancano episodi più recenti: nel 2006 un visitatore scivolò al Fitzwilliam Museum di Cambridge distruggendo tre preziosi vasi cinesi della dinastia Qing, riducendoli in oltre 400 pezzi. O ancora nel 2012 un uomo sferrò un pugno al Bassin d’Argenteuil di Monet nel National Gallery of Ireland a Dublino, danneggiando un dipinto da dieci milioni di dollari.

Persino i celebri Marmi del Partenone al British Museum sono stati al centro di una serie di incidenti, furti e atti vandalici da parte dei visitatori nel corso degli anni, tra cui ricordiamo una rissa negli anni Sessanta e la caduta libera di un pezzo di lucernario dal soffitto negli anni Ottanta, che scheggiò una figura del frontone occidentale. Invece a Roma, nel 2015, la Barcaccia del Bernini fu vandalizzata da tifosi olandesi, lasciando il marmo segnato da scalfitture permanenti a causa del lancio di bottiglie.

E poi ci sono gli incidenti legati all’ossessione per i selfie: ricordiamo uno studente presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera che era saltato in braccio al Satiro Ubriaco per farsi una foto, spezzandogli una gamba. E poi la statua dei due Ercole a Cremona, la statua di San Michele al Museo Nazionale di Arte Antica di Lisbona, perfino una delle grandi zucche di Yayoi Kusama a Washington. Ancora: corone distrutte a Los Angeles da un’influencer maldestra e le dita del piede della Paolina Borghese di Canova (a Possagno) spezzate da un turista austriaco sedutosi sulla statua.

Singolare anche il gesto di una guardia museale russa che disegnò gli occhi a Three Figures di Anna Leporskaya e il furto inconsapevole di una turista che portò via una giacca-opera d’arte dal Museo Picasso di Parigi credendola abbandonata. Alcune vicende rasentano l’incredibile, come la donna colpita da malore che cadde su una tela di Guido Reni alla Galleria Borghese.

Per non parlare delle azioni ambientaliste, ormai numerose: dalle proteste di Ultima Generazione davanti alla Strage degli Innocenti di Reni a Bologna, fino al lancio di passati vegetali sul Seminatore di Van Gogh a Roma. Senza dimenticare la Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer all’Aja, le Maja di Goya a Madrid, le zuppe di Warhol a Canberra e la vernice lanciata su Morte e Vita di Klimt a Vienna. Azioni spettacolari, spesso non distruttive grazie alle protezioni, ma comunque rivelatrici di un fenomeno diffuso: l’arte, oggi più che mai, è bersaglio di tensioni che riflettono le fragilità della nostra epoca.

Recentissimo il caso della “Sedia Van Gogh” dell’artista Nicola Bolla distrutta al Palazzo Maffei a Verona da un turista che voleva fingere di sedersi sull’opera d’arte per una foto “divertente”.

Il paradosso dell’accessibilità

Nel passato, le opere d’arte erano avvolte da una sacralità che ne rendeva l’approccio quasi reverenziale. Oggi, invece, i musei puntano sempre più su un’esperienza partecipativa e inclusiva, riducendo barriere e avvicinando il pubblico al patrimonio culturale. Questo approccio ha senza dubbio ampliato la platea dei visitatori, ma ha anche esposto le opere a nuovi rischi.

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La cultura dell’immagine, dominata da smartphone e selfie, ha trasformato molti musei in teatri dell’autoritratto, più che in luoghi di contemplazione. E così, l’attenzione al contenuto lascia spazio alla composizione dello scatto.

Strategie per la tutela

Come conciliare apertura e protezione? Alcuni musei hanno introdotto barriere trasparenti, tecnologie di prossimità e sorveglianza aumentata. Altri investono in educazione del pubblico, con percorsi didattici e messaggi che invitano al rispetto delle opere.

Fondamentale è anche un cambiamento culturale: insegnare il valore della distanza, della cura, della responsabilità. Un museo non è solo un luogo di visita, ma un ambiente fragile, che va attraversato con attenzione e consapevolezza.

L’ultimo incidente avvenuto agli Uffizi non è un semplice fatto di cronaca ma è il simbolo di un’urgenza più ampia: riscoprire il significato della fruizione culturale come atto rispettoso e consapevole. Ogni opera d’arte è una voce del passato che ci parla nel presente. Ma per continuare a farlo, ha bisogno di protezione, silenzio e distanza. Guardare, comprendere, emozionarsi: sì. Ma senza toccare. Perché l’arte, per quanto eterna, è anche incredibilmente fragile.

(Fonte foto: Wikipedia – Interno Galleria degli Uffizi)

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