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La Cappella Sistina: solenne sede del conclave e scrigno universale dei capolavori del Rinascimento

Francesca Massaro Posted On 24 Aprile 2025
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La Cappella Sistina in Vaticano rappresenta un autentico scrigno di capolavori del Rinascimento ed è certamente uno dei luoghi più importanti della cristianità, poiché ha la duplice funzione di cappella papale e sede del Conclave, l’assemblea dei cardinali incaricata di eleggere il nuovo pontefice.

A pochi giorni dalla scomparsa di Papa Francesco, 135 porporati si apprestano a varcare la sua soglia, dove la transitorietà umana si mescola con l’eternità del messaggio divino. In attesa della solenne fumata bianca, ripercorriamo storia e opere d’arte dell’affascinante luogo nel quale, fin dal 1492, viene eletto il vicario di Cristo.

Le origini della Cappella Sistina

La storia della Cappella Sistina ha inizio nel 1471, quando il cardinale ligure Francesco della Rovere viene eletto papa con il nome di Sisto IV. Ambizioso, colto e appassionato di libri e di arte, il pontefice riesce a trasformare Roma nel più grande centro d’attrazione per intellettuali dell’epoca. Grazie a lui infatti la Biblioteca Vaticana si arricchisce con preziosi testi classici e si crea il primo nucleo di quelli che diventeranno i Musei Capitolini.

In tale contesto di rinnovamento si inserisce la ristrutturazione della Cappella Magna del Palazzo apostolico che di lì a poco prenderà il suo nome. I documenti non indicano con precisione la data d’inizio lavori e il nome dell’architetto che sovrintende all’opera; la maggior parte degli studi attualmente è concorde sul 1477 e sul fiorentino Baccio Pontelli.

La Cappella possiede volutamente delle dimensioni maestose: 40 metri di lunghezza, oltre 13 di larghezza e quasi 21 al sommità della volta. Alcuni storici colgono una evidente similitudine con le misure e le proporzioni del leggendario tempio di Salomone a Gerusalemme.

La Cappella Sistina dall’alto. Foto di Utente Maus-Trauden, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons.

Leggi anche: Il mondo piange Papa Francesco: le reazioni della politica internazionale

Gli affreschi del Quattrocento

Per la decorazione della cappella Sisto IV convoca i più grandi talenti dell’epoca, tutti pittori provenienti dalla Toscana e dall’Umbria che lavorano nella cerchia di Lorenzo de’ Medici, come Perugino, Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rossellini.

Sul soffitto il Papa richiede a Piermatteo d’Amelia un cielo stellato dallo stile lievemente medievale, simile a quello che Giotto ha dipinto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Tra le finestre spuntano ritratti a figura intera dei precedenti pontefici mentre sulla parete d’altare emerge l’Assunzione al cielo della Vergine Maria. Le pareti lunghe e quella opposta all’altare invece presentano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. Nello specifico sulla parete di sinistra si trovano le Storie di Mosè e su quella di destra le Storie di Cristo.

Come è noto oggi la decorazione originale della volta e quella del muro absidale non esistono più, ma sulle pareti laterali si conservano ancora i grandi pannelli narrativi raffiguranti episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento con Mosè e Cristo che dialogano visivamente dai muri opposti: ad esempio la Circoncisione del figlio di Mosè trova la sua eco nel Battesimo di Gesù oppure le prove affrontate da Mosè si rispecchiano in quelle del Redentore.

Domenico Ghirlandaio, Vocazione dei primi apostoli, 1481, Cappella Sistina, Vaticano, pubblico dominio, via Wikimedia Commons.

Leggi anche: L’Anello del Pescatore, simbolo millenario tra potere, fede e mistero

La decorazione della volta

Nel 1504 sale al soglio pontificio Giulio II della Rovere, nipote di Sisto IV e già l’anno successivo deve porre rimedio a un danno strutturale della cappella. A causa di vari assestamenti del terreno infatti, il cielo stellato di Piermatteo D’Amelia, viene irrimediabilmente danneggiato da una grande crepa. Il pontefice così convoca un giovane pittore fiorentino, gravitante anche lui nella cerchia di Lorenzo il Magnifico, Michelangelo Buonarroti, che si era già distinto in Vaticano per aver eseguito la commovente Pietà. Nonostante una certa iniziale resistenza, nel 1508 l’artista accetta di affrescare la volta con nove episodi tratti dal libro della Genesi, affiancati da figure di profeti, sibille e antenati di Cristo.

Le sfide da affrontare sono numerose. La superficie è enorme, la forma curva provoca distorsioni delle proporzioni legate alla percezione visiva. L’altezza del luogo implica spese considerevoli per l’allestimento delle impalcature. Inoltre il pontefice insiste affinché l’opera venga conclusa rapidamente.

Tuttavia Michelangelo non si lascia scoraggiare: inventa un particolare tipo di ponteggio che gli consente di dipingere da disteso, sceglie di lavorare in solitaria, senza aiuti e conclude l’operazione nel 1512, in appena quattro anni.

La torsione dei corpi nudi, i colori brillanti, le finte architetture destano lo stupore di tutta la città consacrando il Buonarroti tra i geni assoluti del Rinascimento.

Volta della Cappella Sistina. Foto di Jean-Christophe Benoist, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons.

Leggi anche: Giovanni Allevi e il ricordo di Papa Francesco: “Con la mia malattia ho capito la sua grandezza. Era la luce nel buio”

Il Giudizio Universale di Michelangelo

Dopo oltre vent’anni dai grandiosi dipinti della volta, Michelangelo torna nella Cappella Sistina nel 1533, su incarico di papa Clemente VII, per affrescare la parete dell’altare con il grandioso Giudizio Universale, opera completata nel 1541 sotto il pontificato di Paolo III. La composizione si presenta come un dinamico vortice celeste incentrato sulla figura di Cristo giudice, che con un gesto imperioso del braccio destro avvia il movimento generale.

Accanto a lui si trova Maria Vergine, che intercede per i fedeli. Intorno si affollano i santi martiri, molti dei quali esibiscono gli strumenti del martirio. In basso gli angeli con le trombe risvegliano i morti, che emergono dalle tombe a sinistra, alcuni sollevandosi, altri trascinati dalla forza della preghiera.

A destra i dannati sono trascinati dai demoni verso l’inferno, in una scena di ispirazione dantesca. Nelle lunette superiori gli angeli mostrano gli strumenti della Passione, sottolineando il sacrificio di Cristo come via per la salvezza umana. L’opera coinvolge lo spettatore con la sua potenza visiva e il suo drammatico movimento.

Michelangelo, Giudizio Universale, 1536-1541, Cappella Sistina, Vaticano, pubblico dominio, via Wikimedia Commons.

Leggi anche: Roma: riapre ai visitatori il Passetto di Borgo, passaggio segreto dei papi

Le proteste della Controriforma

Nonostante il Giudizio Universale tratti argomenti teologici profondi e comunichi un’intensa spiritualità, Michelangelo non abbandona la rappresentazione del corpo nudo, anzi, lo eleva a strumento essenziale per esprimere la resurrezione della carne. Tuttavia, nel rigido contesto della Controriforma, tali figure non riscuotono più l’approvazione del primo Cinquecento. Già prima del completamento dell’opera, iniziano le prime proteste e, dopo la scomparsa dell’artista nel 1564, si arriva persino a chiedere la sua distruzione.

Di conseguenza, le nudità ritenute più scabrose vengono gradualmente coperte con drappeggi. Famoso è l’intervento su alcune di esse del pittore Daniele da Volterra, artista di notevole talento e tra i più importanti allievi di Buonarroti, che per questo motivo diventa per tutti “il Braghettone”.

Questa operazione di vestizione, condotta con estremo riguardo e profondo rispetto, ha quasi certamente preservato l’opera dalla sua completa rimozione ed è stata comunque temporanea poiché nel 1777 si è deciso di eliminare ogni drappeggio per restituire la visione originale dell’affresco.

Michelangelo, Cristo Giudice e Maria Vergine, 1536-1541, Cappella Sistina, Vaticano, pubblico dominio, via Wikimedia Commons.

Leggi anche: “Corpi moderni”: una mostra a Venezia illustra la concezione del corpo umano nel Rinascimento

Il restauro degli anni Ottanta e Novanta

Durante gli anni Ottanta e Novanta del Novecento, un importante intervento di pulizia interessa la Cappella Sistina. Per quasi cinquecento anni, il fumo delle candele si è depositato sulle pareti, offuscando i colori a tal punto da cancellarne la primitiva vividezza.

Tutte le fotografie precedenti al restauro mostrano, per esempio, un cielo grigio e piomboso invece dell’azzurro splendente del Giudizio Universale.

Le prime immagini diffuse dopo l’inizio dei lavori hanno suscitano un grande clamore, tanto da innalzare nuove polemiche. Alcuni studiosi hanno persino sospettano che i restauratori avessero coperto l’affresco con colori fittizi. In realtà non c’è stata alcuna operazione di ritocco: delicati fogli di ovatta imbevuti di acqua demineralizzata hanno semplicemente deterso, con pazienza e cautela, una superficie di oltre 2500 metri quadrati, restituendole i meravigliosi colori originali.

Immagine composita del Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre di Michelangelo. La parte in alto a sinistra mostra la situazione prima del restauro, la parte in basso a destra è quella restaurata. Pubblico dominio, via Wikimedia Commons.

Leggi anche: “Barocco Globale”: alle Scuderie del Quirinale la Roma del Seicento incontra il resto del mondo

La Cappella Sistina oggi

La Cappella Sistina si eleva oggi a emblema del ricchissimo patrimonio culturale mondiale. Le sue pareti, ornate dai solenni capolavori del Rinascimento, continuano a narrare storie sacre e a testimoniare la genialità umana, generando ammirazione da ogni angolo del globo. Questo luogo sacro, dove si decide il futuro della Chiesa Cattolica, si conferma un crocevia tra spiritualità e arte, un patrimonio dell’umanità la cui importanza storica, religiosa e artistica si fonde con l’eternità.

Interno della Cappella Sistina. Foto di Antoine Taveneaux – Opera propria, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons.

Leggi anche: Due anni fa l’appello di Papa Francesco agli artisti: “Non dimenticatevi dei poveri”

Fonte immagini: Wikipedia

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