Intervista. Let Shades Do: un parterre di star per un progetto ambizioso

È uscito da poco settimane, disponibile su tutte le principali piattaforme in rete, Lost il singolo d’esordio (con relativo video promozionale che trovate in fondo) dei Let Shades Do, la nuova creatura messa in piedi da Alex Under (nickname dietro al quale si cela il chitarrista e polistrumentista di Magliano de’ Marsi Domenico Di Girolamo) in collaborazione con la paroliera e cantante Candice Hellish (aka Elisa Porcu).
Ne abbiamo parlato direttamente con lui, facendoci raccontare il dietro le quinte di quella che quest’estate si appresta a diventare una delle proposte italiane più interessanti in ambito metal, grazie a un sound classico ma particolarmente ispirato e in virtù di un roster di collaboratori davvero di primissimo piano, come si potrà apprezzare nei prossimi mesi con l’uscita di nuove canzoni e, a cavallo tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026, di un EP:
Vorrei iniziare la nostra chiacchierata dalla genesi di questo progetto. Quindi, ti chiederei innanzitutto come e dove è nata la partnership con Candice Hellish, quale concept si cela dietro il monicker Let shades do e in che modo hai deciso di rimetterti in gioco in questa nuova avventura a sette note.
Con Candice ci conoscevamo già da tempo, ma il nostro sodalizio artistico è cominciato quando mi ha detto di avere da parte alcuni testi che aspettavano solo di trovare la loro musica ideale per essere divulgati. E io, che da sempre sono piuttosto lento a buttar giù le parole per le mie canzoni, ho accettato subito il suo invito. La prima canzone sulla quale abbiamo lavorato insieme è proprio Lost e, visto che le cose sono andate subito a meraviglia, abbiamo deciso di proseguire questo viaggio insieme.
Dovessi parlarti di un concept unico e specifico intorno al quale ruota la nostra collaborazione e, di conseguenza, l’EP di prossima uscita, avrei forse delle difficoltà ad individuarne uno nel senso più classico del termine. Ti direi invece che ci siamo focalizzati, questo sì, su un filo conduttore intorno al quale poi si è potuto spaziare. Vale a dire il tremendo disagio esistenziale che sembra funestare la quotidianità dell’uomo moderno.
Guardandoci intorno, penso che questa tragedia sia sotto gli occhi di tutti: guerre continue, inquinamento dilagante e costante deriva dei valori. Potrebbe sembrare una realtà distopica, invece è tutto tremendamente reale! Anche a livello di video abbiamo deciso di seguire questo input, creando delle immagini dall’evidente impatto fantastico/distopico, proprio per sottolineare che quello che fino a qualche tempo fa sarebbe sembrato, appunto, irreale, oggi fa purtroppo parte della nostra vita (e perseguita la nostra vista).
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Nel vostro EP di prossima uscita sono annunciate delle guest davvero notevoli. Cito, tra gli altri, nomi importanti della scena heavy come Zachary Stevens (Savatage, Trans-Siberian Orchestra), John Macaluso (Yngwie Malmsteen, TNT), Brooke St James (Tyketto) e Oliver Holzwarth (già nei Blind Guardian e Avantasia, poi Rhapsody of Fire). Come li avete agganciati? E il loro arruolamento ha in qualche modo influenzato la stesura e la revisione dei pezzi?
Quelli da te citati sono solo i nomi di punta che siamo riusciti a coinvolgere, ma ci terrei assolutamente a nominare tutti coloro che in qualche modo hanno dato il proprio contributo alla riuscita dei singoli pezzi, quindi, oltre ai musicisti già menzionati, ricorderei la presenza alla batteria di Enrico Cianciusi (Headless, Neil Zaza Band), di Maestro Mistheria (Bruce Dickinson, Vivaldi Metal Project) alle keys, di Andrea Ra al basso e di Neil Zaza alla chitarra solista.
Coinvolgere tutti questi bravi artisti nei Let Shades Do è stato nello stesso tempo facile e difficile: con alcuni di loro mi era già capitato di suonare in varie circostanze, altri ho provato semplicemente a contattarli per sapere se fossero interessati al progetto e mi hanno subito risposto con entusiasmo. A dire la verità l’allestimento delle varie line up che si succedono nei pezzi dell’EP è stato meno impegnativo di quello che pensassi. Molto… rock, direi!
In ogni caso, il coinvolgimento di tutte queste persone nella nostra musica non ha creato alcuno stravolgimento sostanziale nella struttura delle composizioni così come le avevamo immaginate. Naturalmente, ho concesso tutta la libertà di questo mondo a chi suona degli assoli, però, ripeto, le canzoni e gli arrangiamenti sono tutta farina del nostro sacco e il fatto che tutti abbiamo accettato senza problemi di fare quello che gli si chiedeva, è un motivo di grande vanto. Mi dà l’idea, per dirla in due parole, di aver fatto un buon lavoro. Speriamo di non sbagliarci.
Siete approdati sotto il mantello di una realtà prestigiosa in Italia e all’estero, la Volcano Records & promotion. Ti aspettavi un contratto così importante per il vostro esordio e soprattutto cosa pensi possano fare per il lancio della vostra musica qui da noi e nel resto del mondo?
Il nostro approdo alla Volcano è… merito tuo! Mi ricordo che quando nella notte di Pasqua 2024 andammo insieme a vedere il mitico Cheap Z’Nuff al Let It Beer di Roma, mi suggeristi di provare a contattarli perché secondo te, che avevi ascoltato anche i rough mix delle nostre canzoni, poteva essere la soluzione discografica e non solo per una band che voleva emergere come la nostra. Beh, grazie anche ai consigli degli ormai compagni di scuderia Furious Jane (impegnati nel supporting act di quella splendida serata), mi feci coraggio e contattai la label.
Il direttore generale Alessandro Liccardo si dimostrò subito interessato al progetto e il resto ormai è “storia”. Cosa mi aspetto da loro? Beh, stanno già facendo tanto rimbalzando Lost sui loro frequentatissimi canali social. Siamo arrivati a oltre 4000 visualizzazioni in poco meno di dieci giorni, niente male per una realtà assolutamente indipendente e priva di sponsorizzazioni come la nostra, no? Per il futuro, oltre a completare le tappe rimanenti prima del lancio del nostro EP d’esordio con l’uscita di altri tre singoli, stiamo ragionando sulla prosecuzione del nostro sodalizio, magari immaginando di fare anche un album di debutto insieme.
Ascoltando Lost (e vedendo il coinvolgente video di Alex Visani), non può esserci nessun dubbio nel classificarla come una metal song, anche se, prestando la dovuta attenzione, sembra avere uno spettro sonoro piuttosto ambizioso rispetto al “canone” tradizionale del genere (soprattutto in certi umori darkeggianti e per taluni ammiccamenti a sonorità più moderne). Ecco, per uno che come te è da ormai 35 anni nella scena scena, in che modo si conciliano presente e passato in questo ambito? E quale equilibrio in particolare hai cercato per il suono dei Let Shades Do?
Lost è stata scelta come apripista del nostro lavoro perché, come ti dicevo prima, rappresenta la prima collaborazione tra me e Candice, anche se nella track listening dell’EP occuperà la terza posizione in scaletta. Mi fa piacere che tu abbia notato il respiro più tranquillo, meno frenetico di questa canzone rispetto alle altre. La volevamo proprio così anche in virtù dei concetti che voleva esprimere. Ecco perché ci senti dentro quell’umore oscuro, vagamente goth/doom direi.
Detto ciò, però, io, sia come musicista che come compositore, mi sento inestricabilmente legato alla scena metal dei primi anni Novanta dello scorso secolo. Iron Maiden, Testament, Megadeth, Sepultura, Overkill (ma anche Extreme) rappresentano la pietra angolare dei miei ascolti e l’influenza massima che subisco quando mi metto a scrivere. Sono meno appassionato del cosiddetto new metal non tanto per la sua essenza “contaminata” quanto perché molte nuove canzoni di questo genere mancano di assoli e, per come sono fatto e cresciuto io, un pezzo senza assoli o senza un riff ben definito non può esistere. Inoltre, a dirtela tutta, mi sento assai vintage anche nei confronti di altri elementi che, ai più, potrebbero risultare di scarsa importanza. Ad esempio: per me un booklet di un disco che al proprio interno sia privo dei crediti relativi a chi ha scritto chi o a chi ha suonato un assolo piuttosto che un altro è impensabile.
Bene, è ora di rivelare ai nostri lettori che chi vi scrive è al momento uno dei fortunati che ha potuto gustare in pre-listening il vostro intero EP definitivo! E la particolarità della scelta di Lost come singolo apriprista, dopo aver ascoltato anche le altre canzoni più classic metal oriented, risalta ancor di più. Vuole essere un segnale preciso che intendete dare ai vostri ascoltatori per fargli capire che in un futuro prossimo il vostro sound potrebbe avere delle “derive” sorprendenti? O, in ogni caso, vorrete sempre essere considerati, come ogni vero metal kid in fondo vuole, dei “defenders of the faith” a prescindere? Spiegaci come è cambiato il tuo rapporto con il metal (da ascoltatore e da compositore) in questo ormai lungo lasso di tempo.
Riallacciandomi al discorso precedente, e senza voler esser ripetitivo, io vengo da un tipo di metal ben preciso. Già quando da ragazzino suonavo con i Veggia cercavo di afferrare quanto più possibile lo spirito sonoro di quel tipo di musica. Nondimeno, passando gli anni e imparando ad ascoltare anche cose diverse, ho senza dubbio allargato il ventaglio delle mie preferenze, cosa che mi ha permesso di azzardare anche qualcosa in più in termini compositivi e di avvicinarmi a soluzioni stilistiche che in un primo momento, magari, non avevo considerato come comode.
Si è trattato di un processo molto naturale, nessuna costrizione e nessun desiderio di fare necessariamente breccia nelle orecchie di chi era ed è abituato a qualcosa che è completamente lontano dai miei gusti e dalle mie percezioni. Per quanto mi riguarda, il motto poco elegante ma molto significativo metal up your ass! (vi lasciamo nella libertà di cercarne il significato sul vocabolario, se non avete capito cosa significhi – ndr) sarà sempre lo stesso. Amo la musica che suono e la maggior parte delle cose che ruotano intorno ad essa. Quindi, novità per il futuro? Probabilmente, ma la Fede non verrà mai abiurata!
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Dopo aver ascoltato per intero la vostra prima fatica, ho apprezzato non poco la produzione “sobria” che la contraddistingue, molto lontana da certa grandeur (spesso “farlocca” quando si tratta poi di riprodurla dal vivo) che si sente oggi andare per la maggiore nel metal. Ci puoi spiegare come avete ragionato in questo senso, prima ancora di mettere le mani sul mixer? Soprattutto, ci puoi dire che scelte avete fatto e, se c’è, un risultato storico “di consolle” al quale vi siete ispirati?
Allora, per prima cosa ho lavorato nel mio studio casalingo, impegnandomi molto nella fase di preproduzione che, personalmente, ritengo fondamentale per arrivare a schiarirsi per bene le idee e necessaria a puntare ad un obiettivo finale ben definito. Successivamente, siamo entrati nell’Acme Studio di Raiano (AQ) dove con il tecnico del suono e produttore Davide Rosati abbiamo approfondito e sviscerato fino in fondo certe suggestioni. La sua professionalità e la sua competenza, anche rispetto a certe sonorità per noi “avanguardistiche” in un certo senso, sono state un plus non da poco quando poi si è trattato di incidere definitivamente i suoni e passare alla produzione vera e propria. Nonostante il nostro sia un sound che non si può non definire in qualche modo “nostalgico” rispetto a certi canoni ben codificati del metal, Davide è riuscito ad infondere alle canzoni una patina di modernità che mai saremmo riusciti a conferirgli noi se avessimo lavorato da soli.
Vorresti poi sapere un produttore del passato il cui lavoro mi ha sempre affascinato e che ho sempre visto come un modello… beh, ti direi Chris Tzangarides (passato a miglior vita nel 2012). Ho avuto modo di lavorarci quando collaboravo con i miei conterranei ed amici Headless (di cui Under è stato bassista – ndr) qualche anno fa. Lui ha prodotto uno degli album che io amo di più, “The Killing Kind” degli Overkill, del 1996. Un tiro incredibile! Ma stiamo parlando di uno che ha anche lavorato e prodotto gente come Judas Priest, Helloween, Exodus, Yngwie Malmsteen, Angra, solo per dirti i primi nomi che mi vengono in mente. Era davvero un “demiurgo” delle sonorità metal che io ho sempre amato.
Dopo averne parlato, senza nulla spoilerare, ti, vi dobbiamo chiedere quale sarà il calendario dell’uscite previsto nei prossimi mesi. A proposito, che ne pensi del sistema di parcellizzazione con il quale al giorno d’oggi le etichette discografiche ci fanno arrivare le diverse tracce di un disco o di un EP, invece che pubblicarlo per intero? Credi sia un sistema che aiuti la “digestione” dell’ascoltatore o, sic rebus stantibus, per voi si è trattato semplicemente di dovervi adattare ad un diktat del mercato discografico odierno?
Dopo Lost, a cadenza bimensile usciranno i restanti tre singoli dell’Ep, anche se, licenziandoli noi sempre con il supporto di un video, aspetteremo che Zachary si liberi un minimo dai propri impegni per regalarci un suo preziosissimo contributo, visto che la sua è senza dubbio la guest più importante e in grado di accrescere il gradimento dei nostri ascoltatori. Si ripartirà quindi con A new unworld, che, oltre alla presenza del frontman dei Savatage, ne prevederà un’altra, di diversa “provenienza artistica”, che al momento non mi è permesso di annunciare.
Successivamente, sarà la volta di No more lies (a proposito della quale vorrei sottolineare che ha un diverso autore delle parole, l’amico, musicista e medico Giovanni Giuliani) e infine Straight Hell Ci tengo a sottolineare che quest’ultimo brano sarà suonato da una formazione base differente dalle altre, con John Macaluso alla batteria, Andrea Ra al basso, Maestro Mistheria al key-solo, Candice ai cori e Brook St James nell’assolo di chitarra.
Per quanto riguarda il modo di procedere per pubblicazione di singoli adottato già da diversi anni dalle label, ti dico che non sono contrario, perché lo vedo come un modo di far lievitare con pazienza l’interesse dei fan verso un determinato tipo di progetto musicale, contenendo tra l’altro i costi, fino a trasformare l’uscita di un disco intero in un evento e magari in un qualcosa che l’eventuale acquirente a quel punto potrebbe percepire come una sorta di “pezzo da collezione”.
Lo so che è la domanda che temevate, ma in coda a questa intervista non posso proprio esimermi: una volta fuori l’EP nella sua interezza, ci sarà una promozione dal vivo? Diteci quali sarebbero i vostri desiderata in termini di formazione ideale per eseguirlo, venues che vi piacerebbero, tipologia di tour, ecc.
Vorrei poterti dare una risposta fin da ora, ma, come facilmente immaginerai, tutto ruoterà intorno alla disponibilità di Zachary ad essere della partita. Lui è impegnatissimo con la reunion dei Savatage, con i Trans-Siberian Orchestra e altri suoi progetti, ma se dovesse dirci che gli piacerebbe essere dei nostri ci metteremmo davvero poco ad organizzarci, puoi star sicuro.. Al momento non ci possiamo sbilanciare, come capirai, però sì, cavolo se ci piacerebbe portare la nostra musica dal vivo! Vedremo che succederà.