Intervista. I The Hormonauts tra bagni, confort zone, divertimento e rock’n’roll sfrenato

“Turn on the light” è il nuovo singolo dei The Hormonauts uscito un mese fa, il 4 aprile per la precisione. Il brano, che segna il ritorno della band romagnola sulle scene, è ambientato sulla tazza di un wc, location apparentemente insolita ma in realtà tra le poche “comfort zone” dov’è possibile riflettere sulla realtà delle cose. Soprattutto in un periodo storico buio come quello che stiamo vivendo è più facile anestetizzare le ansie abbandonandoci a facili rimedi artificiali. “Accendi la luce! Accendi la luce se non sai fare ciò che è giusto, accendi la luce”. Occorre svegliarsi dal torpore e tenere la mente accesa! Comunque vada sarà un gran sulcesso!
Ne abbiamo parlato con Andy MacFarlane, voce e chitarra del trio. Ecco cosa ci ha raccontato.
È appena uscito “Turn on the light!”, il vostro nuovo singolo: ci raccontate com’è nato questo brano e perché é ambientato su una tazza di WC?
Che domanda seria! In verità il brano nasce perché volevo realizzare un videoclip sul water. Sapete com’è- ti trovi nel bagno in un bar o ristorante e la luce si spegne e devi fare il Hully Gully sul water per farla riaccendere. Poi che i cessi dei bar sono spesso occupati di gente che fa uso di una certa sostanza, pensavo di scrivere due righe (doppio senso gratuito) contro quello. Non sono un angelo e mi sono divertito molto negli anni 90 ai rave e prima da giovane punk, ma la quella sostanza sta rovinando decina di migliaia di persone, pur credendosi “normali”. E sfido i miei amici del mondo di sinistra di affrontare l’ipocrisia di consumare sostanze, i soldi per quale vanno in tasca al ’Ndrangheta che poi sostiene partiti di estrema destra. Troppo serio?
Assolutamente no, ci hai convinti! Il messaggio del singolo è chiaramente attuale e provocatorio: ci spiegate meglio il vostro concetto di ‘confort zone’?
Il mio confort zone è dove scrivo solo canzoni d’amore e da ballo, con tre accordi in stile rock’n’roll senza affrontare discorsi sociali su la droga e la politica.
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Il titolo e il ritornello esortano ad ‘accendere la luce’. Cosa rappresenta per voi questa metafora nel contesto del brano e del periodo storico che stiamo vivendo?
Sarebbe ora che ci illuminiamo un po’ su tutto. Anche nel nostro divertimento. Dove vanno i soldi che spendiamo e perché il mio sballo di sabato sera è più importante del risultato finale. Come un vegetariano che compra patatine dal McDonalds, viviamo di controsensi.
Dal 1999 a oggi avete attraversato generi e sperimentazioni, cosa vi ha spinto fin dall’inizio a fondere rockabilly, punk, ska e country?
Dal 1999 abbiamo sempre cercato di evitare la parola Genere. Certo che sia io sia Sasso veniamo d’un background legato a la musica Rockabilly, ma l’abbiamo sempre cercato di portarla in direzioni nuove, fuori dal suo “confort zone” se volete. Ci sono migliaia di gruppi e festival dedicate e conservare le tradizioni musicali del Rockabilly, quindi non serve che lo facciamo anche noi. Poi che la mia gioventù era pieno di altro- da ska a l’industrial; da HC Punk a Techno-è impossibile non essere contaminato.
La vostra energia vi ha portato su palchi importanti e festival internazionali. Quali sono stati i momenti più indimenticabili della vostra carriera live?
Non mi ricordo. Scherzo. Fare saltare 8000 persone sul mollo di Genova prima di Manu Chao è stato fighissimo!
Un po’ come coverizzare “Staying Alive” in stile Hormonauts… il singolo è ormai un cult. Come è nata l’idea di reinterpretarlo così?
Lo facevo come scherzo per anni- una versione country 2 ottavi sotto i Bee Gees, poi con gli Hormonauts l’abbiamo portato ad un altro livello.
Avete collaborato con figure come Kenny Diesel e siete stati presenti in contesti come SXSW e EuroSonic: quanto è stato importante per voi l’aspetto internazionale?
Sì, sono un extracomunitario io! Comunque, è importante ricordarci che la fuori c’è un mondo di musica strepitosa che non arriva qui in Italia. Tanti qui sono rimasti a parlare di Genere invece di esperimentare. E quando ti trovi a lavorare con chi viene da fuori, o ti trovi d’avanti ad un pubblico -senza offesa Italia-più colto, ovvero più aperto, inizi a ragionare diversamente su come creare musica. Diversità is good. Tac. Pole position.
Guardando indietro a oltre due decenni di musica e sperimentazione, cosa pensate sia rimasto immutato nello spirito dei The Hormonauts?
L’ironia.