“I like me”: Prime Video celebra John Candy con un ritratto tra risate e lacrime
C’è una malinconica dolcezza che attraversa ogni minuto di “John Candy: I Like Me“, il documentario diretto da Colin Hanks e prodotto da Ryan Reynolds, presentato in anteprima mondiale il 4 settembre 2025 come film d’apertura del Toronto International Film Festival. Un ritorno a casa, in Canada, per celebrare uno dei suoi figli più amati. Dal 10 ottobre, il documentario è disponibile in streaming su Prime Video, offrendo al pubblico di tutto il mondo un ritratto affettuoso, a tratti commovente, dell’attore che ha saputo trasformare la goffaggine in poesia comica.
Colin Hanks, figlio d’arte e regista sensibile, costruisce un racconto intimo attraverso filmati d’archivio mai visti prima, spezzoni dai film più celebri di Candy e una serie di testimonianze che restituiscono, con autenticità, il calore umano dell’attore. Tra le voci che compongono questo coro affettuoso spiccano quelle di Steve Martin, Bill Murray, Tom Hanks, Catherine O’Hara, Macaulay Culkin e dei figli di Candy, Jennifer e Christopher.
Il documentario ripercorre la parabola artistica di un talento nato nella fucina comica della Second City Television, la leggendaria compagnia canadese da cui uscirono nomi come Dan Aykroyd e Eugene Levy. Da lì, Candy approdò a Hollywood, diventando uno dei volti più riconoscibili degli anni Ottanta grazie a ruoli indimenticabili in “Splash“, “Spaceballs“, “Un biglietto in due” (Planes, Trains and Automobiles), “Zio Buck” (Uncle Buck) e “Cool Runnings“. Ogni pellicola lo mostrava nella sua duplice natura: irresistibilmente buffo eppure intriso di un’umanità profonda, quasi ferita.
Il titolo del documentario prende spunto da una battuta di “Un biglietto in due”, nella scena in cui il personaggio di Candy, stanco di essere deriso, si ribella con dignità: “Mi piaccio. Piaccio a mia moglie, ai miei clienti. Io sono il vero articolo”. Quella frase, pronunciata con voce rotta ma fiera, è diventata il manifesto della sua intera carriera. Non solo un motto, ma un testamento di accettazione, una dichiarazione di esistenza per chi, come lui, aveva sempre vissuto in bilico tra la risata e la fragilità.
Il film di Hanks e Reynolds non si limita a una celebrazione patinata: tenta di scavare nel lato oscuro della fama. Vengono affrontati i demoni personali dell’attore come l’ansia, la pressione del successo, la difficoltà di convivere con un corpo che Hollywood spesso usava come gag visiva. Candy era un uomo generoso, protettivo con i colleghi più giovani, come ricorda Macaulay Culkin, ma anche un essere tormentato, consapevole della propria vulnerabilità.
Dietro il suo sorriso disarmante si nascondeva un’infanzia segnata dalla perdita: il padre morì d’infarto quando John aveva solo cinque anni, lasciandogli un senso di destino scritto, quasi profetico. Quel fantasma non lo abbandonò mai. Morì anch’egli per un infarto, nel 1994, a soli quarantatré anni, durante le riprese di “Wagons East!” in Messico. Una morte improvvisa, che congelò per sempre la sua figura nel mito del “gigante buono”.
“John Candy: I Like Me” riesce a catturare lo spirito dell’attore, anche se a tratti si lascia trascinare da un tono eccessivamente elegiaco, quasi timoroso di sporcarsi con le zone d’ombra del suo protagonista. Le testimonianze, per quanto sincere, tendono a reiterare la stessa nota di ammirazione, sacrificando talvolta l’approfondimento psicologico che avrebbe reso il ritratto più sfaccettato. Eppure, nonostante questa lieve retorica commemorativa, il film conserva un’anima viva, piena di gratitudine e nostalgia.
Hanks dosa con attenzione ritmo e montaggio, alternando risate fragorose e silenzi sospesi, come se anche la pellicola volesse respirare insieme al suo soggetto. La colonna sonora, malinconica ma mai stucchevole, accompagna immagini che sembrano trattenere la vita stessa: la vita di un uomo che non ha mai smesso di cercare il proprio posto nel mondo, neppure quando tutto sembrava già scritto.
“John Candy: I Like Me” è un gesto d’amore, un tributo a un uomo che non c’è più. È la storia di un comico che ha fatto ridere milioni di persone, ma anche di un uomo che non sempre riusciva a far sorridere se stesso. È un omaggio alla vulnerabilità, alla bontà come forma di resistenza, alla capacità di trasformare la goffaggine in arte.
Quando scorrono i titoli di coda, resta negli occhi una dolce tristezza, quella che accompagna il ricordo di chi ci ha fatto stare bene, anche solo per un’ora e mezza davanti a uno schermo. John Candy era così: una presenza che scaldava il cuore. E “I Like Me” ce lo restituisce con la tenerezza di chi, pur sapendo che le risate non bastano a vincere la vita, continua a crederci lo stesso.
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