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“I graffiti di Venezia. L’Arsenale”: il nuovo libro di Alberto Toso Fei e Desi Marangon

Sara Paneccasio Posted On 21 Maggio 2025
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Esce in libreria il volume “I graffiti di Venezia. L’Arsenale – l’Officina delle meraviglie ovvero la catena di montaggio più antica del mondo; la sua storia attraverso i segni lasciati nei secoli dai lavoratori” di Alberto Toso Fei e Desi Marangon.

Già autori de “I graffiti di Venezia”, prima mappatura mai realizzata sui graffiti storici della città, tornano in libreria per Edizioni Lineadacquacon delle scoperte totalmente inedite, in occasione della terza edizione del primo Festival sui graffiti Urbs Scripta.

L’Arsenale di Venezia come non lo si era mai visto: raccontato dai lavoratori che vi si sono avvicendati nei secoli attraverso i segni lasciati sulle mura antiche dell’Officina delle Meraviglie (l’altro suo nome storico), la prima catena di montaggio della storia, fondata nel 1104 e rimasta in attività per oltre 900 anni. Navi, cronache, figure umane, date, memorie di lavoro e di vita: è quanto si può ancora ammirare sulle pareti dell’area produttiva più estesa di Venezia (48 ettari, circa un sesto della città), con un racconto della storia “dal basso” che dà voce a fabbri, calafati, marangoni (i falegnami, la corporazione più numerosa), ma anche marinere, velere e barilere: l’Arsenale infatti non era un luogo per soli uomini.

Ecco così emergere dalle pareti raffigurazioni di navi in costruzione e di guardiani; segni magici o devozionali, cronache del varo delle navi o della edificazione di nuove aree produttive, databili dal Seicento fino a tutto il Novecento, con l’Acqua Granda del 1966 e le memorie dei lavoratori defunti incise su una colonna di un’officina. In mezzo, la rivoluzione del 1848, che vide la prima e unica vittima illustre nel comandante austriaco dell’Arsenale, trucidato dai lavoratori che lasciarono una scritta sulla torre dove fu ucciso, oggi perduta. All’Arsenale si possono trovare anche i graffiti più antichi di Venezia, realizzati nell’XI secolo ad Atene da mercenari vichinghi sul celebre Leone del Pireo che ha finito per decorare l’ingresso monumentale: rune sulle quali i veneziani hanno costruito una storia di magia e di morte. Il portale stesso è uno scrigno di iscrizioni ufficiali che vanno decifrate: sulle sue pietre sta scritta la data leggendaria di nascita della città: il 421.

Leggi anche: Fughe di massa, caos e lotta per la sopravvivenza: rilasciato il trailer finale di Jurassic World Rebirth (video)

«Quelli graffiti sui muri di Venezia non sono semplici segni: sono testimonianze che arrivano dal passato per raccontarci storie. Sono “messaggi in bottiglia” che hanno attraversato gli oceani del tempo per rafforzare la nostra memoria, che si fa fondamento del nostro senso di comunità, dell’essere cittadini di un luogo. Ci emozionano perché spesso sono la voce di chi – nella storia – non ha avuto voce. Ma si è preso comunque un suo spazio per raccontare di sé o del tempo in cui è vissuto» dichiara Alberto Toso Fei, e aggiunge Desi Marangon: «Quella degli arsenalotti potrebbe sembrare una comunità chiusa, circoscritta dalle mura dell’Arsenale e dai suoi dintorni e formata da persone che si sposavano quasi esclusivamente tra loro; ma in realtà la loro cultura – inclusa la cultura grafica – era profondamente connessa con il Mediterraneo e con i porti del levante lungo le rotte della Serenissima, perché erano uomini di mare abituati a vivere più sulle navi che non sulla terra. La dimensione acquea è fondamentale per Venezia. Se non la si comprende non si capisce nemmeno la storia della città.»

“I graffiti di Venezia. L’Arsenale” si occupa anche di aspetti scomparsi ma riconoscibili anche sulle pietre esterne al complesso: come le case pubbliche assegnate dalla Repubblica, numerate (e a volte dotate di una iscrizione che descriveva la mansione del lavoratore assegnatario) che non erano mai state censite, e che hanno riservato diverse sorprese. Quello dell’Arsenale era un universo fatto di lavoratori che si succedevano di generazione in generazione, che godevano di privilegi particolari (erano a tutti gli effetti stipendiati dallo Stato veneziano, e costituivano la guardia personale del doge, che accompagnavano nelle occasioni solenni) e che avevano un loro modo di vestire, di comportarsi e perfino di comunicare, con il linguaggio “arsenalesco” che era arricchito di parole che arrivavano da diversi porti del Mediterraneo.

Tra le curiosità rinvenibili sulle pareti dei soppalchi delle Corderie, nascosti e impraticabili dal grande pubblico della Biennale, alcune pitture parietali riconducibili a piante di canapa, che proprio lì veniva lavorata per produrre i cordami per le imbarcazioni veneziane, ma anche una scritta del 1807 realizzata da un cordaio francese, quando l’Arsenale – come tutto lo Stato veneziano – passò attraverso la doppia dominazione francese e austriaca. Sui muri dell’Officina delle Meraviglie anche un drappeggio probabilmente dipinto attorno al luogo dove stava un’edicola votiva, in un modo (oggi perduto) che si ritrova ancora nelle fotografie novecentesche delle zone più popolari di Venezia.

Con “I graffiti di Venezia. L’Arsenale” (edito da Lineadacqua, casa editrice veneziana di grande qualità) si aggiunge un nuovo capitolo a un lavoro di mappatura, catalogazione e ricerca storica, iniziato nel 2017 dallo scrittore Alberto Toso Fei e dalla storicaDesi Marangon, che riserva ancora continue scoperte.

Il volume arriva infatti tre anni dopo I graffiti di Venezia. L’Arsenale (Lineadacqua, 2022), col quale Toso Fei e Marangon hanno mappato per la prima volta nella storia di Venezia oltre 6.000 graffiti in 5 anni di ricerca, svelando un immenso patrimonio fino ad oggi invisibile e sconosciuto, sebbene fosse sotto gli occhi di tutti.

Un’esperienza da cui è nato Urbs Scripta, il primo festival dedicato ai graffiti storici mai realizzato in Italia, evento unico nel panorama europeo. Ideato e diretto dagli stessi Toso Fei e Marangon, la terza edizione appena conclusa (dal 14 al 19 maggio 2025), con uno sguardo verso Oriente. 6 giorni di visite speciali, convegni, mostre, tour notturni, esperienze tattili, cacce al tesoro, presentazioni di libri e altro ancora. A chiusura del Festival, è stato presentato all’Ateneo Veneto, “I graffiti di Venezia. L’Arsenale”.

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