Furto al Louvre: rubati in dieci minuti i gioielli di Napoleone. I precedenti storici
Una mattina come tante al Louvre, il museo più celebre del mondo. Turisti in fila sotto la Piramide, il vociare delle scolaresche, l’odore di caffè dei bistrot parigini tutt’intorno. Poi, alle 9:30 in punto, la storia si trasforma in cronaca. Quattro uomini, mascherati e sicuri del proprio agire, entrano in azione e portano via nove gioielli appartenuti a Napoleone Bonaparte. Un colpo da manuale, fulmineo, degno di un film di Jean-Pierre Melville.
I ladri arrivano su un camion da traslochi, completo di montacarichi e piattaforma mobile. Si fingono operai, indossano tute e caschi, e in pochi minuti violano una finestra laterale della Galleria d’Apollon – il sancta sanctorum del museo, dove scintillano le glorie dell’Impero. Armati di motoseghe e smerigliatrici, entrano, arraffano una collana, una spilla, una tiara e altri sei gioielli. Alle 9:40 sono già scomparsi, in fuga a bordo di due scooter TMax.
Nessuno è rimasto ferito, ma il Louvre è stato evacuato. La polizia correva sotto la Piramide cercando di entrare dalle porte laterali, mentre all’interno i visitatori battevano contro le vetrate per uscire. La ministra della Cultura Rachida Dati è accorsa sul posto, definendo l’operazione “fulminea e professionale”. Due dei nove pezzi, tra cui la celebre corona dell’imperatrice Eugenia, sono stati già recuperati nei pressi del museo.
La Procura di Parigi ha aperto un’inchiesta per furto organizzato e associazione a delinquere, affidata alla Brigata anticrimine (Brb) e all’Ufficio Centrale per la Lotta al Traffico di Beni Culturali (Ocbc). Le prime ipotesi? I gioielli potrebbero essere fusi o smontati per rivendere oro e diamanti separatamente, una pratica purtroppo diffusa nel traffico clandestino d’arte.
Il ministro dell’Interno Laurent Nuñez ha ammesso che “i musei francesi sono vulnerabili”, promettendo di rafforzare le misure di sicurezza. Dal canto suo, Emmanuel Macron segue la vicenda “in tempo reale”, consapevole che il Louvre non è un museo qualsiasi: è il cuore simbolico della Francia, un luogo dove la storia del potere si fa pietra, tela e gioiello.
Ma questa non è la prima volta che le ombre si allungano sulle sale del Louvre. Nel 1911, un imbianchino italiano di nome Vincenzo Peruggia rubò niente meno che la Gioconda, convinto che l’opera dovesse “tornare in patria”. La tenne nascosta due anni, finché non provò a venderla a Firenze. Il furto scosse l’Europa e trasformò il sorriso di Monna Lisa nel volto più famoso del mondo.
Nel corso del Novecento, altri colpi più discreti ma non meno audaci hanno toccato il museo: un dipinto olandese sparì nel 1978, due pezzi d’argento del XVIII secolo nel 1988, mai ritrovati. E più recentemente, nel 2019 e nel 2021, le autorità hanno sventato tentativi di danneggiamento e di furto di reperti. Il Louvre, insomma, resta un magnete irresistibile non solo per gli amanti dell’arte, ma anche per chi sogna di sfidare la storia a colpi di destrezza e follia.
Oggi, la Galleria d’Apollon, che nel 1855 vide nascere la corona di Eugenia in oro, diamanti e smeraldi, torna al centro delle cronache. Simbolo di un’epoca in cui l’Impero brillava di lusso e ambizione, ora è anche emblema di una fragilità moderna, quella cioè di un patrimonio che, pur protetto da vetri blindati e telecamere, continua a essere preda del desiderio umano di possedere ciò che appartiene alla memoria di tutti.
Fonte foto: File:Louvre Museum Wikimedia Commons.jpg – Wikimedia Commons



