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 Firenze ospita il Frammento Vaticano: unica testimonianza di Giotto nell’antica Basilica di San Pietro

Francesca Massaro Posted On 31 Luglio 2025
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Fino al 1° novembre, il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, nell’ambito del ciclo “Caring for Art. Restauri in mostra”, ospita il Frammento Vaticano, unica testimonianza superstite degli affreschi realizzati da Giotto e la sua bottega nell’antica Basilica di San Pietro.

Il frammento superstite

Il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze accoglie un’opera di straordinaria rilevanza per il panorama artistico e accademico: il cosiddetto Frammento Vaticano.

Si tratta dell’unico elemento superstite del ciclo pittorico murale che Giotto, insieme alla sua bottega, realizzò nel primo quarto del Trecento all’interno dell’antica Basilica di San Pietro in Vaticano. La piccola porzione di affresco, oggi saldamente incastonata in una base di gesso, raffigura due santi dall’aspetto aulico e solenne, per lungo erroneamente identificati come San Pietro e San Paolo.

L’esposizione del lacerto, visitabile fino al 1° novembre, rientra nel programma “Caring for Art. Restauri in mostra”, e celebra un complesso e meticoloso intervento di restauro condotto tra il 2016 e il 2019 proprio dall’Opificio. Tale recupero ha restituito all’opera la sua autentica e originale leggibilità, in precedenza compromessa dall’usura del tempo e da molteplici ridipinture, offrendo l’occasione a studiosi e appassionati di ammirare un capolavoro di estrema importanza storico-artistica.

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Il soggiorno romano di Giotto

Il Frammento Vaticano infatti non solo conferma l’alacre attività romana di Giotto nel XIV secolo, ma fornisce anche spunti interessanti sulle complesse vicende storiche della Basilica di San Pietro. L’antica Basilica, eretta nei primi secoli del Cristianesimo, fu progressivamente demolita a partire dal XVI secolo per far spazio al grandioso progetto rinascimentale di Bramante e Michelangelo.

Della vasta e memorabile decorazione trecentesca affidata a Giotto e ai suoi aiuti, il frammento costituisce l’unica testimonianza tangibile giunta fino a noi. Un’iscrizione sul retro dell’opera svela un capitolo cruciale della sua storia conservativa: nel 1610 Pietro Strozzi, canonico della Basilica Vaticana e segretario di Papa Paolo V, la donò a Matteo Caccini. Quest’ultimo, consapevole della sua straordinaria importanza, la fece ornare ed esporre alla venerazione dei fedeli nel 1625, sebbene il luogo esatto della sua collocazione resti tuttora ignoto.

Dopo un lungo periodo di oscurità, il lacerto è stato ripresentato al pubblico solo nel 2015, in occasione della mostra “Giotto, l’Italia” a Palazzo Reale di Milano. In quel contesto, divenne palese l’urgente necessità di un restauro.

Giotto, Due teste di apostoli o santi (cosiddetto “Frammento Vaticano”), 1315-1320 circa, collezione privata, prima del restauro, recto.

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Il restauro del frammento

A tal proposito, dal 2016, l’Opificio delle Pietre Dure ha intrapreso un’approfondita campagna di indagini diagnostiche, seguita da un meticoloso e attento intervento di recupero. Il restauro si è focalizzato sulla rimozione di strati di ridipinture e patine accumulatesi nel tempo, che avevano alterato la leggibilità del dipinto, celando la sua raffinatezza originaria. La pulitura ha rivelato stesure pittoriche estremamente delicate e precise.

Ulteriori analisi all’infrarosso hanno inoltre evidenziato la robusta costruzione plastica delle figure, caratterizzata da ombreggiature nette e profonde. I volti sono modellati con lievi tocchi di pigmenti come ocra e ossidi, stesi su una base verdaccio, mentre i tratti somatici, come naso e labbra, sono resi con segni marcati in nero e rosso.

Questa tecnica esecutiva, pienamente coerente con il linguaggio giottesco, ha rafforzato l’attribuzione diretta al maestro, dissipando i dubbi del passato e aprendo la strada a nuove riflessioni sul piano stilistico e cronologico, oltre a confronti con altre opere dell’artista, dagli affreschi della Basilica Superiore di Assisi al Polittico Stefaneschi.

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L’Opificio delle Pietre Dure a Firenze

Come ha dichiarato la dottoressa Serena Romano nello studio di presentazione dell’intervento: «Nella storia dell’arte medievale le certezze sono rare, le datazioni delle opere viaggiano di decenni se non di secoli, le attribuzioni sono difficili e i nomi d’artista, quando esistono, spesso nebbiosi. Quello che presentiamo oggi, dopo il magistrale restauro effettuato dall’Opificio, è invece un miracolo di storia, di conservazione, di tradizione: un miracolo che restituisce alla conoscenza pubblica quello che senza troppe cautele si può definire un grande inedito pittorico di Giotto e, per altri versi, un concentrato di vicende storiche eccezionali, ed eccezionalmente documentate».

Si tratta pertanto di un’esposizione eccezionale, messa in atto grazie alla disponibilità dei proprietari del frammento e alla dedizione dell’Opificio delle Pietre Dure; il ciclo “Caring for Art. Restauri in mostra” si rivela un contenitore d’eccellenza per meditare sul valore profondo della conservazione artistica, un atto che è al contempo acquisizione di conoscenze e responsabilità sociale, in grado di ricondurre opere dimenticate nel patrimonio universale della collettività.

Per conoscere orari e giorni di apertura al pubblico, è possibile collegarsi al sito web www.opificiodellepietredure.cultura.gov.it .

Giotto, Due teste di apostoli o santi (cosiddetto “Frammento Vaticano”), 1315-1320 circa, collezione privata, dopo il restauro, verso.

Leggi anche: Spoltore Ensemble, presentato il calendario della 43esima edizione

Fonte immagini: Ufficio Stampa

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