Napoli piange uno dei suoi figli più autentici: James Senese, sassofonista, cantante e simbolo del suono partenopeo nel mondo è morto all’età di 80 anni, dopo settimane di ricovero all’Ospedale Cardarelli, dove era stato trasferito in terapia intensiva a causa di una grave infezione polmonare. L’aggravarsi delle sue condizioni, già compromesse da anni di dialisi, ha reso inevitabile l’esito più triste. Con lui se ne va non solo un musicista, ma un pezzo di storia di Napoli e della musica italiana.
A dare la notizia è stato Enzo Avitabile, compagno di palco e fratello d’anima, che sui social ha scritto parole colme di dolore e riconoscenza: “Grazie per il tuo talento, la passione, la ricerca. Sei stato un fratello per amico, un amico per fratello“.
Nato nel Rione Sanità nel 1945, figlio di madre napoletana e padre afroamericano, James Senese ha incarnato sin dall’inizio la fusione di mondi e culture che avrebbe poi definito la sua arte. Dopo gli esordi con gli Showmen e gli Showmen 2, Senese fondò negli anni ’70 i Napoli Centrale, band che segnò una svolta radicale nella musica italiana.
Il loro sound – un intreccio di jazz, funk, rock e dialetto napoletano – fu un atto di ribellione culturale, una dichiarazione d’identità. Con brani come Campagna, Ngazzate nire e ’A gente ’e Bucciano, Senese diede voce alle periferie, ai lavoratori, ai sogni e alle ferite di una città che cercava riscatto. Con il suo sax rovente e la voce ruvida, James raccontava la Napoli reale, quella che viveva dietro le cartoline: “Vengo da una terra dove la musica nasce dalla fatica e dall’amore”, diceva spesso.
Negli anni successivi, Senese intrecciò la sua strada con quella di Pino Daniele, diventando una presenza essenziale nel progetto Nero a metà. Quel connubio tra il blues mediterraneo di Pino e il sax “sporco” e viscerale di James generò una delle stagioni più feconde del Neapolitan Power, movimento che unì tradizione e modernità, radici popolari e visione internazionale.
Sul palco, i due erano fratelli in musica: si ascoltavano, si rispondevano, si capivano con lo sguardo. E quando Pino è scomparso, Senese continuò a portarne il suono in giro per l’Italia, quasi fosse un’eredità spirituale da custodire. James Senese non ha mai smesso di suonare, di cercare, di raccontare. Anche negli ultimi anni, segnati da problemi di salute e dalla perdita della moglie Rina, continuava a riempire i teatri e a registrare dischi. Il suo ultimo lavoro, James is Back (2021), era una dichiarazione di orgoglio e appartenenza, un ritorno alle radici con la saggezza di chi ha vissuto tutto.
La sua musica è rimasta sempre fedele a un principio: la verità. Niente orpelli, niente compromessi, solo il respiro della vita trasformato in suono. Con James Senese scompare un maestro, ma resta un’eredità artistica che attraversa generazioni. I suoi dischi – da Napoli Centrale a O’ Sanghe – sono testimonianze vive di un modo di intendere la musica come impegno e libertà.
Napoli oggi si ferma, e il suo silenzio sembra quasi un respiro trattenuto prima che il sax riprenda a suonare da qualche parte, in un’altra dimensione. Perché Senese non è stato solo un musicista: è stato la voce di una città che non si arrende, l’eco di un popolo che, anche nel dolore, trova sempre un ritmo nuovo per andare avanti. E se le leggende non muoiono mai, allora tra i vicoli, nelle jam notturne e nei battiti delle piazze, James suonerà ancora.
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