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“Ciò che è rimasto”: il nuovo libro di Marco Verrillo tra fallimento e amore

Chiara Del Signore Posted On 15 Agosto 2024
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Si torna a raccontare Marco Verrillo con una pubblicazione che scava, nuda di orpelli superflui, la condizione umana che va dal fallimento all’amore. “Ciò che è rimasto è” un insieme di prosa, versi, micro racconti leggeri ma al tempo stesso densi.

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Così come un flusso di coscienza che straripa dagli argini della mente, il testo di Verrillo travolge come una sberla di acqua sul volto. Pubblicato dalla casa editrice Scrivere Poesia Edizioni di Pietro Fratta, il testo non fornisce nomi alle cose o alle sensazioni, le descrive all’interno di un ambiente percepito dai sensi dell’autore e trasmesso ad un lettore che non aspetta il sopraggiungere dell’empatia per potersi mettere nei panni del protagonista. In questo caso, è Marco a tendere la mano al lettore per accompagnarlo nel suo viaggio tra presente e futuro con un passato che è sia presente che futuro.

“Ciò che è rimasto” intreccia il principio con la fine senza, però, creare linee di confine tra il prima e il dopo. Parla di azione e reazione, di dolore e conseguenza, di fame di riuscita ma anche di sazietà del fallimento. Eppure, ogni delusione lascia con pegno archeologico un fossile da riproporre nelle azioni future. È come se ogni lacrima, ogni sbaglio, ogni porta sbattuta in faccia di ieri sia la risposta ad ogni domanda del domani.

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Marco Verrillo modella le parole con fare sinuoso e alquanto camaleontico creando un vaso di argilla malleabile in ogni tempo, stato o luogo in cui si legge. Non ci si sofferma sull’uso del termine ricercato ma sull’impegno nel cercare di trasmettere il vero senso di impotenza nei confronti di una vita che, famelica, divora, sprezzante, sacrifici, sogni e vittorie.
La delusione e la sofferenza, spiegate dell’autore, sono la conditio sine qua non di un cervello saggio e di un’anima forte. Il protagonista non si piange addosso, a volte si butta giù, altre volte si racconta con amara autoironia ma non abbassa mai il capo, anzi, riflette sulle infinite combinazioni di stelle da poter sfruttare per ricominciare da zero.

Il tema dell’amore serpeggia sensuale tra i racconti di vita quotidiana, tra i temi più disparati; l’amore sbuca all’improvviso e si erge a intermezzo piacevole di vita.
È bello leggere di cuori che non suonano una melodia perfetta. Marco racconta le stonature più belle della vita, virgole imperfette e vere in un mondo che vuole tingere di rosa ogni cosa nascondendo polveri asfissianti e pericolose dietro grandi tappeti di ipocrisia.

Ogni minima scheggia contribuisce alla formazione originale di ciascun individuo. Ogni scheggia si interseca nell’insenatura dell’altro dando vita ad un nuovo corpo dell’universo, ad una nuova storia. I due amanti si accorgono dei propri frammenti esplosi nell’universo e si intersecano creando nuove forme, consapevoli di doverne formare di nuove ad ogni rottura dell’altro. Hanno il cuore poroso, che assorbe l’esistenza e la vive senza riserva alcuna.

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“Ciò che è rimasto” si infila nelle crepe e le riempie di scelte, pensieri, poesia. Non alimenta il vuoto, lo colma, non mortifica i sentimenti soffocandoli ma li fa vivere; abbraccia il cambiamento e con dignità volta pagina sporcando il bianco foglio del futuro con l’inchiostro della propria esperienza.

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