Segreti di stelle nelle poesie di Isabella Bignozzi

isabella bignozzi poesie transeuropa

Le stelle sopra Rabbah, raccontate da Isabella Bignozzi (pubblicata per la storica e indipendente Transeuropa) sono le poesie che la richiamano a un’ispirazione colma di libere analogie e descrizioni, in una natura pullulante di sorprese e di una vitalità tanto carica quanto sfuggente. La poetessa, al suo splendido esordio, scrive versi in piena contemplazione e passioni segrete. Il suo sguardo verso l’alto e verso l’imperscrutabile inaugura un racconto di visioni e intuizioni che resistono al tempo, scrutandone il mistero. È una poesia ricca di istantanee suggestive alle quali Bignozzi accondiscende, per volontaria partecipazione creativa, all’enigma della vita.

Notte di enigmi lucenti

alla finestra crateri

aria di pietra, sabbia rossa, maschere d’oro

tempo che traspare

connubio di vetro, il respiro trattenuto delle costellazioni

qui

l’odore di un buio d’edera.

Sul pianoforte un metronomo addormentato”.

La forza di questa poesia risiede proprio nella sua purezza: Bignozzi si nasconde dietro ogni parola e ogni ricerca d’innocenza. Tutto il suo pensiero – finanche la percezione fisica del suo stare al mondo – diviene tramite entro il quale si manifesta un senso di meraviglia, che induce a uno stato di trance.

Leggi anche “Pasqua”, il richiamo di speranza nella poesia di Ada Negri

Ogni stella ha la sua diversità e unicità, e per questo la silloge avanza con varianti di ambientazioni, ritmi, spesso sfociando in una forma prosastica di confessione che con minuzia descrive la quotidianità – un’esperienza salvifica del corpo e dell’anima, colto nella parvenza della banalità. 

Spenti i ceri, smontate le pale d’altare

rimane

il meeting di crescita personale

l’abbuffata di cibo orientale”.

Le poesie si rivelano con associazioni di definizioni fantasiose e imprevedibili: in un intreccio semantico inflessibile che prefigura proprio quel viaggio tortuoso nella notte dell’essere, la notte di stelle sopra Rabbah, terra di confine, di spaesamento e ricordo di sé.

La poesia di Bignozzi sovrascrive un riconoscimento finale della coscienza, unico grumo autentico di luce a sorreggere il senso della scrittura che elabora sempre la domanda ultima sull’esistenza. E che si arrende alla bellezza struggente della vita.

di Pietro Fratta

Articolo precedenteTedx L’Aquila: tutti i protagonisti
Articolo successivoL’amicizia non è eterna, nemmeno in “And Just Like That”, revival di Sex and the City