Alcatraz, mito e realtà: il carcere più famoso del mondo tra cinema e dibattito politico americano

Sono passati più di sessant’anni dalla sua chiusura, ma il penitenziario di Alcatraz torna protagonista dell’agenda politica statunitense. Il presidente Donald Trump, al centro di un acceso dibattito sulla sicurezza interna, tema sul quale ha fondato gran parte della propria campagna elettorale per la scalata alla Casa Bianca, durante un discorso in California ha proposto la “riattivazione simbolica” dell’isola come centro museale rafforzato contro il crimine organizzato, ma anche come “memoria viva” della lotta al terrorismo interno. L’idea, neanche a dirlo, ha scatenato polemiche, tra chi la vede come un’operazione nostalgica e chi teme una deriva securitaria.
Va da sé che non si può escludere l’ennesima sparata del tycoon a stelle e strisce, eternamente focalizzato sulla propaganda spinta oltre il limite e sempre attento a dare in pasto all’opinione pubblica scelleratezze delle quali parlare. D’altronde parliamo di chi ipotizzò di iniettare l’amuchina per endovena per guarire dal Covid-19 oppure bombare gli uragani con le armi nucleari per evitare che distruggessero intere città. Chissà, magari aveva in mente uno scenario post apocalittico modello “Fallout” dal quale ripartire…
Il penitenziario di Alcatraz si trova a circa due chilometri dalla costa di San Francisco e, per secoli, è stato un luogo difficilmente accessibile. Prima presidio militare, poi carcere federale dal 1934 al 1963, la prigione era destinata ai criminali più pericolosi e ai detenuti più difficili da gestire. Tra le sue mura fredde e umide passarono figure leggendarie come Al Capone, George “Machine Gun” Kelly e Robert Franklin Stroud, il famigerato “uomo uccelli di Alcatraz”. La struttura, isolata dalle acque gelide e turbolente della Baia, ma anche dalle forti correnti che la scalfiscono, per decenni ha vantato sistemi di sicurezza all’avanguardia. Secondo le autorità del tempo, nessuno sarebbe mai riuscito a evadere con successo, connaturando la struttura di un alone di mistero, fascino e suggestioni varie. Ma non è sempre andata così.
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In totale, si registrarono 14 tentativi di evasione, per un totale di 36 detenuti coinvolti. La maggior parte fu catturata, uccisa o affogata nelle acque ostili circostanti. Ma il caso più emblematico resta quello del 1962, quando Frank Morris e i fratelli John e Clarence Anglin riuscirono a eludere la sorveglianza scavando un buco nella parete con cucchiai modificati e costruendo una zattera di fortuna con impermeabili rubati. Un’evasione premeditata e perpetrata con freddezza e lucidità. Era l’11 giugno del 1962, i tre detenuti riuscirono a evadere utilizzando strumenti rudimentali per scavare tunnel dietro le loro celle. Con manichini fatti di carta pesta e capelli veri per ingannare le guardie, fuggirono nella notte. L’FBI dichiarò ufficialmente che probabilmente annegarono, ma i corpi non furono mai trovati. Il loro destino, però, è rimasto ignoto: di loro si sono perse le tracce, nessuno li ha più visti da vivi o da morti. Ufficialmente “scomparsi”, per molti sono i fantasmi più celebri dell’isola. Questo episodio ha ispirato il film “Fuga da Alcatraz” (1979) con Clint Eastwood.
C’è poi “L’uomo di Alcatraz” (1962), intenso ritratto del già citato Robert Stroud, un uomo condannato per omicidio che, durante la sua detenzione, divenne un esperto ornitologo, interpretato da Burt Lancaster. Stroud trascorse 54 anni in carcere, di cui 17 in isolamento. Mentre era detenuto a Leavenworth (prima di essere trasferito ad Alcatraz), allevò e curò centinaia di uccelli, scrivendo anche trattati scientifici. Ma la figura romantica del “gentile studioso” fu in parte idealizzata dal cinema: in realtà, Stroud era considerato instabile e violento. Ad Alcatraz non gli fu mai permesso di tenere animali. Nel 1996 uscì “The Rock“, Con Nicolas Cage e Sean Connery, questo film è ambientato su un’Alcatraz riconvertita in campo di battaglia. Un gruppo di ex marine prende in ostaggio l’isola minacciando San Francisco con armi chimiche. Solo un ex detenuto (Connery) e un esperto di armi (Cage) possono sventare il piano.
Anche la letteratura ha attinto a piene mani dall’aura drammatica dell’ex penitenziario. Romanzi, biografie e saggi investigativi hanno contribuito a costruire un mito che non accenna a svanire e che ora, anche a causa dell’ennesima sparata di Trump, è tornato in auge. L’immagine dell’isola-prigione, inaccessibile e inespugnabile, è diventata metafora della solitudine, della punizione e della sfida alla legge. Ogni film o libro ispirato ad Alcatraz aggiunge un tassello a un mosaico che unisce verità storica, mito e tensione drammatica Nel 1963, dopo quasi trent’anni di attività, il carcere fu chiuso dal procuratore generale Robert Kennedy. I costi di gestione, esorbitanti a causa dell’ubicazione isolata e delle difficoltà logistiche, furono determinanti nella decisione. Da allora, Alcatraz è divenuta una meta turistica tra le più visitate degli Stati Uniti, parte integrante del Golden Gate National Recreation Area.
La proposta di Trump, benché suggestiva, appare più come una manovra propagandistica che un piano realistico. Riattivare Alcatraz in chiave moderna comporterebbe investimenti enormi e solleverebbe questioni etiche, ambientali e storiche. Tuttavia, il solo fatto che l’ex penitenziario possa tornare al centro del dibattito nazionale dimostra quanto il mito sia ancora vivo. Alcatraz, prigione e leggenda, resta un nodo irrisolto nel rapporto tra giustizia e memoria, tra sicurezza e diritti. E forse, proprio per questo, continua ad affascinare il mondo.
Foto: Photograph by Don Ramey Logan, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=27725542