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Addio a Andrea Barion, il fumettista è morto a 44 anni: viveva un periodo di malessere

Redazione Posted On 5 Novembre 2024
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È stato trovato morto nella sua casa di Borsea, in provincia di Rovigo, il fumettista Andrea Barion, 44 anni. La morte dell’artista, conosciuto come ‘Svario‘, e che oltre che fumettista era anche musicista, fotografo e molte altre cose, risale a domenica 3 novembre. Sabato sera, quella precedente alla morte, il 44enne era uscito con alcuni amici.

I tanti messaggi di cordoglio che stanno circolando in queste ore sui social, sembrano restituire il quadro di un suicidio acclarato. Le cause della morte, però, ufficialmente non sono state rese note. Dieci giorni fa, sui social, il 44enne aveva postato un pensiero di Oriana Fallaci: “Esiste una rabbia che non ha niente a che fare con la cattiveria. É il ruggito di chi sta difendendo la propria fragilità”. Nello stesso giorno, ha condiviso anche una vignetta di Zerocalcare, in cui il protagonista è sdraiato a letto si chiede “Con gli occhi sbarrati, invece di dormire.

Leggi anche: L’intervista. Stefano Chiantini presenta “Supereroi”: da Avezzano alla Festa del Cinema

E continui a pensarci: perchè è andata così?”. Ma il malessere, pare, durava da molto più tempo. A giugno l’artista scriveva: “E pensare che fino a 12 anni fa avevo mille motivi per essere felice e lo ero. Non è rimasto niente“. Nel 2012 aveva perso la mamma in modo drammatico: la donna sarebbe annegata nel Po e il suo corpo non sarebbe mai stato ritrovato. Negli ultimi anni, dai tempi del Covid in avanti, erano successe altre circostanze poco fortunate: Barion aveva perso il lavoro come grafico a si era messo a lavorare come magazziniere per Amazon.

Viveva con i suoi gatti, a cui era molto legato. Era impegnato in battaglie civili e di solidarietà. Nel 2021, sempre sui social, scriveva: “Ci sono momenti in cui la solitudine è liberatoria. Altri in cui purtroppo ti distrugge dentro. Il tempo non guarisce tutto e a volte nemmeno il tenersi impegnati in 100000 cose. Bisogna prenderla così. Avanti sempre”.

Gentile, sorridente, dolce, pacifico. Sono solo positivi gli epiteti che vengono utilizzati, sui social, da chi conosceva Andrea Barion o lo aveva incrociato per lavoro. Si citano, però, anche “solitudine” e “dolore”, con cui forse il giovane artista stava convivendo. E chi lo conosceva scrive che ‘Svario’ “ha lasciato il carcere del dolore“. E qualcuno dice che ora starà ‘meglio’.

Tra i messaggi degli amici, molti dicono di essere “senza parole”. In un messaggio, sui legge: “Ai tuoi occhi belli, al colore del mare, alla tua anarchia, al tuo sorriso, ai tuoi passi di danza, i fumetti, i sorrisi, a tutto quello che è stato, alla vita un unico ballo di maschere, alle tue solitudini, a tutto ciò che eri, alla dolcezza dei tuoi modi, ad ogni volta che abbiamo suonato ed eri lì. A te, Sva, che hai lasciato per sempre il carcere del dolore quotidiano“. E c’è chi rimpiange di non aver notato segnali.

Oltre che fumettista, Andrea Barion era anche un grande appassionato di fotografia, in cui era molto bravo. I suoi profili social sono pieni di fotografie che restituiscono il suo sguardo sul mondo. Amava anche la cucina, in cui era bravissimo. Sul suo profilo Instagram si possono ammirare molti piatti che farebbero invidia a uno chef di grico, e ci sono anche le immagini di una ipotetica insegna per un’osteria ‘All’ombra dello svarione‘. Chissà, forse un progetto accarezzato, forse solo un sogno. Francesco Casoni, il fumettista con cui nel 2017 Barion aveva pubblicato la graphic novel “Herschel & Svarion” (un racconto ironico e surreale ambientato nel Polesine), nel suo ricordo dedicato a ‘Svario’ ha inserito un “disegnetto” fatto “per l’incompiuta osteria di Sva“.

Leggi anche: “Pulp Fiction” torna al cinema per i suoi trent’anni: le date per vedere la versione restaurata

Il ricordo di Casoni, pieno di commozione, vuole raccontare quante cose fosse il suo amico Svario, quante sfaccettature avesse. Eravamo, scrive, “impegnati entrambi, creativi entrambi, ma lui più coraggioso, intrepido, fumantino”, dice Casoni. E, ancora, fin dal titolo ammette: “La mia metà artistica che era meglio di me“.

Fonte: Agenzia Dire

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